
Dalla primavera 2015, data dell’intervento militare della coalizione a guida saudita, la guerra nello Yemen ha colpito più di 10.000 persone, 7.6 milioni di yemeniti sono malnutriti, il dramma di migliaia di bambini che muoiono per fame, e almeno 3 milioni di profughi interni nel Paese. Quella in corso è soltanto la più recente guerra civile che ha insanguinato lo Yemen, iniziata nella ‘primavera araba 2012′, quando parte della popolazione chiedeva un po’ di democrazia e cambio della guardia al potere.
Tensioni sociali e crisi economica nell’agosto del 2014 quando gli Houthi, tribù sciita del Nord del Paese, iniziano a manifestare nella capitale Sana’a. Le proteste si trasformano in scontri. Escalation verso la guerra civile che dà ai disordini una connotazione politica religiosa quando i governativi chiedono l’aiuto dei Paesi arabi del Gulf Cooperation Council.
L’Arabia Saudita mette in piedi una vera e propria coalizione sunnita contro gli sciiti Houti che hanno il sostegno dell’Iran. Con Riad altri 9 Paesi: Marocco, Egitto, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Giordania e Pakistan, che schierano decine di velivoli da combattimento che iniziarono a martellare le posizioni dei ribelli sciiti e dei loro alleati.
Escalation militare nel 2015, quando le forze terrestri della Paesi petroliferi del Golfo sbarcano ad Aden, mentre le truppe saudite penetrano dai confini meridionali del loro paese che li dividono dallo Yemen. L’attacco della Coalizione sunnita, pur con un prevalere di armamenti e risorse enorme, si impantana. Si impantana anche mediaticamente: non se ne parla, ma ci si ammazza sempre.
Guerra marittima oltre lo Yemen
Ma quando la guerra prende la via del mare, non è più solo Yemen. Ottobre 2016 la nave da trasporto Swift-2, Emirati arabi, viene colpita e quasi affondata da un missile probabilmente iraniano, lanciato dagli Houthi. Passano pochi giorni e i bersagli diventano tre navi da guerra americane. Gli Usa rispondono con tre missili Tomahawk. Dai missili ai ‘barchini bomba’, che nel gennaio di quest’anno colpiscono una fregata saudita.
E le tensioni saudite-iraniane, potenze petrolifere oltre che Paesi musulmani guida per sunniti e sciiti, via coinvolgono sempre più Paesi, interessati alla difesa dei traffici marittimi che collegano il Mediterraneo con l’Oceano Indiano.
Segnale da allarme assoluto, lo valuta Michele Taufer, analista militare, su Analisi Difesa.
La guerra civile yemenita impantanata a terra tra disperazione e fame, e sempre più strumento dei confronto strategico tra le monarchie del Golfo e l’Iran, cerca nuovi sbocchi e dimensioni anche nello stretto di Bab el-Mandeb.
Che è la via del petrolio, facendo crescere il rischio di coinvolgimento da parte di Stati Uniti e altri Paesi della Nato.
Rotte pericolose
I rischi per la sicurezza marittima potrebbero diventare insostenibili, con gravi ripercussioni sulle esportazioni e sugli approvvigionamenti energetici diretti in Europa. Il gruppo Houthi controlla il secondo porto del Paese, Hodeidah, di fronte e cui navigava la fregata saudita semidistrutta con l’assalto di barchini suicidi. oltre alla maggior parte della capitale.
Il Golfo di Aden rappresenta uno dei fulcri centrali della navigazione e del commercio mondiale , grazie alle oltre 21mila imbarcazioni che lo attraversano ogni anno. La Maritime Security Patrol Area nel Golfo di Aden, che protegge le navi che attraversano ogni giorno le acque tra Yemen e Somalia in direzione del Canale di Suez, una forza multinazionale a guida statunitense, rischia di cambiare forma, diventando una forza militare senza mandato in acque molto trafficate col rischio di incidenti gravissimi.