Ai vertici Rai stipendi ‘socialisti’, ma non provate a piangere

Qualcuno forse ricorda la canzone politica di lotta delle mondine che rivendicavano un orario di lavoro meno pesante. Quella che diceva, “Se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar...”. Versione rivisitata ai piani alti di Viale Mazzini 14, Direzione generale Rai: “Se 240 mila vi sembran pochi, trovate altrove a lavorar…”.
Detta in altre parole, per i vertici Rai con stipendi da brivido, non solo tagli dolorosi, ma statavene pure zitti, perché qualsiasi persona normale potrebbe arrabbiarsi con voi.

L’operazione taglia-stipendi – che da metà novembre ha investito tutti i top manager, i direttori giornalistici, i direttori di rete della Rai – garantirà al servizio pubblico tv un risparmio annuale di almeno 1 milione 655 mila 102 euro, precisa Fontanarossa su Repubblica. La cifra è pubblicata nella sezione Trasparenza del sito della televisione di Stato, ed era ora, che da ieri ufficializza il cambio di marcia delle buste paga.

37 i dipendenti di Viale Mazzini che devono adesso “accontentarsi” di 240 mila euro lordi l’anno, come impone la legge sull’editoria in vigore da metà novembre 2016. Alcuni fra loro non potranno più avere neppure, poverini, i premi di produzione, gli Mbo, ed anche questo farà recuperare risorse alla Rai. Il grosso del risparmio è, in ogni caso, nel milione 455 mila 102 euro di compensi. Problema che emergerà presto, appiattimento retributivo su gerarchie molto diverse.

Il ‘sacrificio’ più grande viene richiesto -è stato imposto- al direttore generale e amministratore delegato dell’azienda, Antonio Campo Dall’Orto, che era approdato a Viale Mazzini con uno stipendio di 650 mila euro. Cifra decisamente ‘generosa’ che gli era stata riconosciuta dal ministero della Economia, azionista quasi totalitario della tv pubblica. L’ad Campo Dall’Orto, nel passaggio al nuovo regime, lascia dunque sul terreno 410 mila euro e tanti rimpianti

Se Campo Dall’Orto piange, altri 36 non ridono. Antonio Marano, ex vice direttore generale, ora a Rai Pubblicità, deve rinunciare a 149 mila. Raffaele Agrusti, direttore finanziario, ex Generali (e sta piangendo ancora adesso), lascia sul terreno 100 mila euro. Angelo Teodoli, direttore di Rai Gold, perde 85.900 euro. Piscopo,  Rai Pubblicità, scende da 322 mila. E a meno 80 mila circa, il direttore del Tg1 Mario Orfeo, Antonio Di Bella a capo di RaiNews24, e Andrea Vianello, l’ex direttore della Terza Rete. Direttori di Rete, Dellatana, Bignardi, dai 300 mila si scende.
Non pervenuto quanto piangerà la presidente Monica Maggioni.

A quando le Star? Dubbi
Da aprile, su indicazione del Cda della Rai, la tagliola dei 240 mila euro lordi verrà applicata anche ai contratti degli artisti. In settimana, i funzionari del ministero dello Sviluppo Economico incontreranno quelli dell’Economia per tentare una mediazione tra posizioni oggi distanti. Lo Sviluppo Economico è favorevole a concedere una deroga alla Rai, che tornerebbe libera di pagare presentatori e showman alle cifre di mercato. La deroga sarebbe contenuta in una circolare interpretativa della legge sull’editoria in vigore da novembre, quella del tetto.

Diversa la posizione dell’Economia che considera improprio un atto interpretativo della legge. Questo secondo ministero – che conta di più – preferisce una iniziativa parlamentare. Basterebbe anche solo un emendamento a un provvedimento già all’esame delle Camere per correggere la legge e far saltare il tetto dei 240 mila euro per i contratti artistici. Ma un emendamento salva-Rai dovrebbe trovare una maggioranza in Parlamento dove Forza Italia, i 5 Stelle e anche molti esponenti del Pd non sembrano disposti a votarle.
Sta a vedere che questa volta riescono a tagliare i soldi anche a Vespa.

Tags: Rai
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