Mondiali femminili di scacchi, in Iran la partita del velo

LE POLEMICHE – La Coppa del Mondo femminile di scacchi a Theran era stata decisa nel lontano settembre 2016 a Baku. Ed era noto a tutti che in Iran le donne sono tenute ad indossare il velo. I problemi sono arrivati dopo, e dal fronte ‘statunitense’, quasi in sintonia con la nuova presidenza Trump. Sospetto di strumentalità legittimo.
La campionessa americana Nazi Paikidze, ha persino lanciato una petizione per chiedere di spostare la sede della competizione, dichiarando “inaccettabile ospitare il campionato mondiale femminile in un posto dove le donne non hanno i diritti fondamentali di base e sono trattate come cittadini di seconda classe”. Nonostante le polemiche, la manifestazione ovviamente è regolarmente in corso a Teheran. Col velo, ma soprattutto, con ancora molti problemi aperti in quel Paese, per la condizione femminile.

IL VELO MA NON SOLO – Questione complessa e delicata. Il prestigio nazionale delle squadre di scacchi iraniane non solo femminile femminile e maschile e la silenziosa ma sempre attiva battaglia per l’emancipazione femminile all’interno del regime teocratico iraniano. Quella del velo, secondo molte donne impegnate, è infatti questione secondaria rispetto a forme di discriminazione molto più gravi nelle tradizioni familiari, sull’autonomia economica e nelle libertà personali.
Nella famiglia, in Iran, può esercitare il diritto sui figli unicamente il padre, salvo rare eccezioni. La prostituzione è illegale ma vige la poligamia e la legge consente di aggiungere, a un massimo di quattro mogli ufficiali, infiniti “matrimoni temporanei”, che si trasformano a tutti gli effetti in una forma legale di prostituzione. Si pensi che questi matrimoni possono durare anche solo poche ore e alla moglie temporanea, dopo il divorzio, spetta una forma di mantenimento che coincide con la tariffa della prestazione sessuale.

‘QUOTA AZZURRA’ PER UOMINI ZUCCONI – L’accesso al lavoro è complicato da forme di protezionismo nei confronti degli uomini, e addirittura nelle università è stata introdotta la “quota azzurra” per garantire che le studentesse non occupino un numero eccessivo di posti disponibili. Una donna istruita, che lavora, ma che non è sposata, incorre comunque nella difficoltà di esercitare la sua piena autonomia: difficile anche solo che riesca ad affittare casa.
Qualcosa, però, si sta muovendo. L’età media dei matrimoni è salita da 20 a 30 anni nell’ultimo ventennio, a testimonianza della progressiva diminuzione delle unioni combinate, sebbene siano ancora previste dalla legge. Oggi sono di più anche le donne che chiedono il divorzio e quelle che scelgono di non sposarsi.

IL FEMMINISMO CLANDESTINO – Determinante, l’esistenza di una rete femminista trasversale, che trova le sue radici in pubblicazioni risalenti a un secolo fa, ben prima che l’Oriente iniziasse ad avvertire l’influenza del processo di modernizzazione occidentale. Un movimento autonomo, quindi, con una storia in costante divenire.
Due, finora, i momenti chiave: il 2007, anno che vide la nascita di una campagna per i diritti che riuscì a raccogliere un milione di firme, e il 2009, quando si intensificò la già violenta repressione del Governo. In quell’occasione molte donne parteciparono alle manifestazioni contro i brogli delle elezioni presidenziali e diversi giornalisti raccontano di morti, arresti, condizioni carcerarie durissime e stupri punitivi.
Il 2017, con la possibilità di ospitare in Iran per la prima volta i Mondiali Femminili di Scacchi, potrebbe aggiungersi alle date da ricordare. Anche se se giocati ancora con il hijab.

Tags: Teheran
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