Infelice il Paese dove non si può più credere in nulla

E’ infelice un Paese quando i suoi abitanti non possono più credere in niente.
E questa sembra ormai la condizione alla quale siamo condannati.
La politica, coi suoi giochi che tutto sembrano avere in mente tranne il bene e gli interessi generali, i corpi intermedi, nati per mediare i conflitti e orientare alla composizione degli obiettivi, che si sono ormai persi in tutele autoreferenziali ossessive, senza sbocchi sociali apprezzabili, le istituzioni, preda di una deriva burocratica e prive di legittimazione reale per la distanza da quanti dovrebbero servire, che anziché risolvere, come dovrebbero per la loro natura, finiscono per confliggere tra loro, rendendo tutto più confuso.

Perché mai, in questo quadro, dovrebbe riuscire a sopravvivere la speranza di fuoriuscire dalla crisi prolungata che ci attanaglia?
Un Paese normale si regge sulla fiducia: esattamente quanto sembra ormai disperso nel marasma di voci e di stimoli contrastanti che avvelenano il clima e rendono aleatorio l’avvenire.
Nessuno riuscirebbe a tollerare a lungo questo vuoto di senso in cui ognuno sembra spinto a cercare in proprio la soluzione che lo renda immune dal disastro collettivo.

La vita pubblica, così, diventa una rincorsa ad accaparrarsi qualunque posizione di vantaggio, con la distruzione inevitabile di legami storici, appartenenze che si disfano, virtù civili ridotte a ombre, appannaggio di perdenti cui resta solo l’amarezza di una sottrazione che appare irreversibile.

Se bastasse cercare, ed elencare, le responsabilità di quelli che hanno contribuito a questa distruzione, forse si riuscirebbe anche a canalizzare la rabbia di quelli che si sentono defraudati dei loro diritti sociali e della voce della loro cittadinanza, ma non è affatto scontato che questo riuscirebbe a scalfire quanti, avendo in mano i destini del Paese, stanno allegramente scherzando col fuoco.

Chi riuscirebbe a farsi ascoltare da politici che ormai giocano a rimpiattino coi problemi reali che vive la gente, baloccandosi con formule astruse, promesse senza basi, estremizzazioni che strattonano sentimenti ambivalenti e solleticano paure ancestrali, per prevalere in giochi di potere e non per garantire soluzioni e interessi comuni?

Così si va disfacendo il tessuto di questo Paese, la sua storia, il suo orgoglio e la speranza dei migliori e dei più giovani.
Se non ci sono le ragioni per credere non si troveranno le ragioni per capire: e questo è il regalo che lasciamo alla nostra discendenza.
Incazzati per quanto poco noi siamo riusciti ad osare, delusi e derubati da quelli a cui avevamo affidato, incauti, il nostro destino e quello del Paese.

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