Bahrain, scontro Iran-Arabia Saudita e guerra civile

Il Bahrain, la piccola isola del Golfo Persico governata dalla dinastia sunnita degli Al Khalifa, rischia di esplodere dopo le ultime rivolte della comunità sciita che costituisce la maggioranza della popolazione. Il 14 febbraio del 2011 in questo piccolo Stato petrolifero che fa parte del Consiglio di Cooperazione del Golfo, la ‘primavera araba’, si era già allora esopressa come rivolta religiosa della maggioranza della popolazione di fede sciita contro “l’oppressione” della minoranza sunnita al potere.

Gli sciiti del Bahrain reclamavano, in nome dei principi della democrazia, di assumere il ruolo che loro spettava nella gestione del Paese, totalmente dominato dai sunniti. L’emiro Hamad Bin Isa Al Khalifa, forte dell’appoggio degli Stati Uniti che hanno nell’isola un’importante base navale, della Gran Bretagna e dell’Arabia Saudita, ha represso con durezza le manifestazioni popolari e riportato una parvenza d’ordine. Dissenso che resta, rinfocolato dall’Iran al quale gli sciiti del Bahrain guardano come Stato guida.

La situazione è precipitata domenica 15 gennaio, quando nella capitale Manama sono stati giustiziati tre militanti sciiti vicini al maggior partito di opposizione Al Wefaq, condannati alla pena capitale per aver organizzato un attentato dinamitardo nel quale, nel marzo del 2014, erano morti tre poliziotti. Dopo l’attentato le autorità di Manama, spinte dalla comunità dei Fratelli Musulmani, avevano dichiarato di fatto fuorilegge il partito Al Wefaq, e revocato la cittadinanza alla guida spirituale degli sciiti del Bahrain, lo sceicco Isa Qassim. La fucilazione dei tre militanti è stato il culmine.

Disordini ovunque e tensione alle stelle. Con invocazioni alla guerra civile contro il regime degli Al Khalifa L’Ordine clericale sciita sostiene che «Il popolo del Bahrain dovrebbe abbracciare con risolutezza e violenza la strada degli ideali rivoluzionari». Peggio il leader politico religioso sciita Murtada Al Sanadi: «Proseguiremo le nostre battaglie sul campo con la lotta armata”. Da Teheran l’Ayatollah Ali Kamenei fa politica ma incendia: «In Bahrain la maggioranza che è stata privata del diritto di voto e dei diritti fondamentali si è sollevata per pretenderne il rispetto».

Bis delle crisi in Siria e Iraq?
A Manama una condizione speculare ma rovesciata a quella che ha scatenato la guerra civile in Siria e in Iraq, rileva Alfredo Mantici su LookOut, dove gli sciiti al governo hanno escluso totalmente i sunniti dalla gestione del potere e hanno favorito la fondazione del Califfato, nato proprio per riaffermare il diritto all’autodeterminazione dei sunniti. Nel Bahrain l’emiro Al Khalifa ha scelto la strada della repressione della maggioranza dei suoi cittadini. Decisamente ipocrita la diplomazia Usa e britannica che, al contrario di quanto fatto in Siria con Assad, non sembrano avere scrupoli ad appoggiare un regime anti-democratico dei Khalifa.

E si affaccia l’ipotesi terrificante di un «Isis sciita», con conseguenze potenzialmente devastanti per tutta la regione del Golfo. Con le potenze occidentali, che per “opportunismo petrolifero” sostengono assieme ai sauditi il regime decisamente antidemocratico del Bahrain al quale si perdona ciò che non è stato perdonato a Bashar Al Assad, salvo ripensamenti obbligati e recenti di guerra dopo l’intervento della Russia. Una crisi locale dal potenziale dirompente nel contenzioso eterno tra islam sunnita e sciita su cui l’occidente farebbero bene a far sentire la propria voce, in uno sforzo politico diplomatico con l’Iran.

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