Con Trump la fine del ‘politically correct’

La foto di copertina è immagine ‘cult’ ormai negli Stati Uniti. Per i nemici di ‘The Donald’, ma non soltanto. ‘Con quella bocca può dire ciò che vuole’, sbeffeggiano i tifosi estremisti e quindi, ‘attenti a voi cultori del ‘politically correct’! Ci sarà certo da ridere a seguire le prossime cronache politiche americane. Il problema è che non sono soltanto questione americane.

Donald Trump si appresta a prestare giuramento come il presidente eletto meno popolare della storia degli ultimi 40 anni degli Stati Uniti. Lo dice un sondaggio di Washington Post/Abc, che certo non lo amano. Il suo ‘rating’ non supera il 40%, prima ancora di cominciare. Prima dell’insediamento la popolarità di Barack Obama era al 79%, quella di George W.Bush al 62%, quella di Bill Clinton al 68%.

Lui, The Donald, reagisce a colpi di Twitter: «Le stesse persone che hanno fatto i sondaggi elettorali falsi, ed erano così sbagliati, ora stanno facendo i sondaggi sul rating di approvazione. Sono truccati come prima». Dati truccati o non truccati, di certo la ‘Grande Stampa’ Usa e l’ormai imminente Presidente non si amano e neppure fanno finta, per buona educazione.

Benvenuti nel mondo liquido della propaganda

Opportuno quanto ci ricorda Guido Caldiron su Il Manifesto.
«Donald Trump» (Einaudi) del giornalista investigativo David Cay Johnston. Documenti inediti e una pista seguita per anni da uno storico collaboratore del New York Times. Da andarselo a comprare subito.
Il ritratto di sé che Donald Trump ha venduto all’America, e al mondo, attraverso una costante campagna di comunicazione che ne ha accompagnato l’ascesa nel mondo degli affari come della vita pubblica. E il problema di quanto sia autentico o fasullo il ‘prodotto Trump’.
L’uomo e la maschera, per dirlo in letteratura.

David Cay Johnston, Pulitzer nel 2001, si è adoperato a smontare punto per punto questo ritratto agiografico. L’idea di fondo dell’inchiesta di Johnston è che se lo avessero conosciuto bene, milioni di americani forse non avrebbero votato per il candidato repubblicano così a cuor leggero.
E inizia lo smontaggio.

Trump che «presenta se stesso come un moderno re Mida anche quando la maggior parte di cio che tocca si trasforma in spazzatura». La Vegas e Casinò, trafficanti di cocaina, criminali russi e americani, esponenti della mafia, artisti del raggiro e truffatori; più Al Capone che chierichetto.
«Tra le capacita maggiori di Trump c’e l’abilita di deviare o far archiviare le indagini condotte su di lui dalle forze di polizia», mentre usa la minaccia di querele milionarie per evitare che i media sbircino dietro la tenda delle sue attività.
Un mito di successo e affidabilità fondato sulla falsificazione.

L’ incarnazione taroccata dell’american dream

Per farla breve e non rovinare (troppo) la festa di domani, resta l’irresistibile ascesa di Donald Trump, tutta costruita sulla capacità di «vendere il proprio nome».
L’inchiesta di David Cay Johnston, come ci ricorda Guido Caldiron, va ad aggiungersi ad un pugno di testi che hanno fin qui raccontato nel nostro paese il profilo del personaggio.
Da Wasp, l’America razzista dal Ku Klux Klan a Donald Trump, dello stesso Guido Caldiron (Fandango) a La febbre di Trump di Mattia Ferraresi (Marsilio) a Perché vince Trump di Andrew Spannaus (Mimesis).
Una ricostruzione agiografica della biografia di Trump è invece proposta in Trump contro tutti, a cura di George Beahm (Rizzoli Etas); mentre tra i numerosi volumi di consigli ai futuri imprenditori pubblicati dallo stesso tycoon si segnala L’Arte di Fare Affari, firmato da Donald J. Trump insieme a Tony Schwartz (Sperling & Kupfer) ma poi disconosciuto dal miliardario.
Ad annunciare la vittoriosa campagna elettorale di Trump era stata poi la pubblicazione del suo libro-manifesto: Crippled America, How to Make America Great Again (Simon & Schuster).
Cripples America, l’America storpia vista da Trump, col rischio che la cura per farla ‘ancora grande’ possa non piacere affatto al mondo.

L’INDIGNAZIONE DI MIMMO LOMBEZZI
SUL ‘TRUMPISMO’ STRACCIONE

MERDINI

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