Turchia, rissa in Parlamento per la Costituzione Erdogan

La Turchia sull’orlo del baratro mai come prima, ma il despota-presidente insiste e vuole una nuova Costituzione fatta su misura per lui. E quindi, attacchi terroristici in corso in tutto il Paese, una guerra oltre i confine in Siria, l’economia a rotoli, ma la riforma costituzionale deve correre adesso più che mai e costi quello che costi. Anche a cazzotti parlamentari, se serve.
Decine di deputati del partito al governo, l’islamico Akp di Erdogan, e del primo partito di opposizione, il laico Chp, si sono scambiati pugni e calci, affollandosi intorno al podio nell’aula della Grande assemblea nazionale di Ankara.

La rissa è esplosa quando i deputati del Chp hanno accusato i colleghi dell’Akp di non votare secondo le procedure previste per lo scrutinio segreto. Alcuni parlamentari dell’Akp hanno quindi cercato di strappare a un collega del Chp il telefono cellulare con cui filmava le presunte irregolarità procedurali. Nonostante la rissa, l’aula, che ha lavorato fino all’alba, ha approvato tre articoli del testo. Se approvata, la riforma verrà sottoposta a un referendum costituzionale, previsto a inizio aprile.

E questa si chiamerà democrazia?
Secondo la bozza in discussione in Parlamento, il presidente avrebbe due vice, emanerebbe decreti su diverse materie senza bisogno di consultare il Parlamento, nominerebbe direttamente i vertici militari e dell’intelligence, i rettori delle università, i burocrati di alto livello e le autorità giudiziarie. E ancora: via il primo ministro e il vincolo di due mandati ripartirebbe dopo l’approvazione della nuova legge. E così rimarrebbe in sella fino al 2029. Rimane il Parlamento a decidere il poco che resta fuori dai poteri presidenziali, per fare scena a distribuire piccoli incarichi.

Il partito di Erdogan ‘Giustizia e Sviluppo’, l’AKP, ha presentato la riforma insieme al Movimento Nazionalista di estrema destra con simpatie islamiste, per essere certo di avere i voti necessari per approvare la proposta e sottoporla a referendum, il quale si dovrebbe tenere nella prossima primavera. Tuttavia servono almeno 330 voti, ma l’AKP dispone solo di 317 seggi per cui i 39 deputati del MHP diventano essenziali. Con questa maggioranza in tasca, la riforma potrebbe essere votata così com’è, senza accogliere nessuna delle rimostranze delle altre opposizioni, i kemalisti del CHP e i curdi dell’HDP.

Erdogan, fondatore e padre-padrone dell’AKP, soprattutto dopo l’estromissione di figure come l’ex amico e presidente Abdullah Gul e l’ex premier Ahmet Davutoglu, può fare ciò che vuole in una Turchia in balia di una politica sbagliata e miope e con una guerra civile aperta tra l’esercito e la popolazione curda. Le ipotesi in campo allarmano ulteriormente l’Europa, i cui rapporti con la Turchia sono ai minimi storici. L’Ue critica i repulisti del dopo golpe in Turchia che hanno portato alla rimozione o al licenziamento di oltre 110mila pubblici ufficiali e all’arresto di più di 35mila persone ritenute collegate alla rete di Fethullah Gulen.

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