L’ombra lunga di Obama sulla presidenza Trump

Le primarie forse più strane e controverse della storia americana continuano a produrre i loro effetti. Anzi, si potrebbe addirittura sostenere – e con ottimi argomenti – che non sono affatto terminate. La battaglia elettorale è tuttora in corso e non sappiamo ancora quale sarà il personaggio che entrerà alla Casa Bianca tra due settimane.
Uno scherzo? Un paradosso? Mica tanto, se si guarda con attenzione a quanto sta avvenendo. Abbiamo, da un lato, un presidente in piena scadenza, nel senso che tra pochissimi giorni dovrà fare fagotto e traslocare altrove. Avrebbe dovuto farlo comunque poiché, avendo terminato il secondo mandato, non poteva più essere rieletto.

Sperava però – anzi, ne era certissimo – che la sua eredità politica (ma quale?) si sarebbe tramandata nel tempo grazie alla vittoria, data per scontata, della sua “erede” Hillary Rodham Clinton. Per la verità tutti sanno che i due non si amano affatto e in privato dicono peste e corna l’uno dell’altra. Ma non importa. La ex segretaria di Stato ed ex First Lady ai tempi della presidenza del marito Bill avrebbe comunque rappresentato per Obama una garanzia di continuità politica. Con qualche piccolo aggiustamento qua e là, ma non tale da modificare il quadro complessivo.

Sappiamo che è andata nel senso addirittura opposto. Il “puzzone” Donald Trump, aborrito da élites ed establishments di tutti i tipi, ha vinto alla grande con un programma – particolarmente in politica estera – addirittura opposto rispetto a quello del duo Obama/Clinton. E ha vinto, lo si noti, in maniera regolarissima, senza brogli di sorta e conquistando in pratica tutti gli Stati principali. Per di più ha vinto a dispetto dei maggiorenti del Partito Repubblicano, che non lo amano e continuano in privato a disprezzarlo.
A questo punto che fa il presidente quasi scaduto e che ha visto la sua candidata sconfitta nettamente? La storia americana passata ci dice che, in questi casi, il perdente sta zitto e, pur continuando a esercitare il potere negli ultimi giorni del suo mandato, cerca di far sì che il passaggio delle consegne sia il più morbido possibile.

E, invece, niente di tutto ciò. Barack Obama non solo rifiuta di lasciare il campo, ma si proietta addirittura nel futuro cercando di imporre allo sgradito successore la sua linea politica. Vuole, insomma, sopravvivere in eterno credendo che la sconfitta elettorale appartenga alla fiction, e non alla realtà. Gli esempi sono davvero tanti e mi limito a citare l’ultimo (che è piuttosto ridicolo).
Obama ha appena introdotto il divieto di fumo in tutte le case popolari degli Stati Uniti, forse sperando di obbligare il vincitore delle elezioni a confermare la sua linea. Ed è lecito supporre che il tycoon non lo farà.

Per quanto riguarda la succitata politica estera, Obama ha varato in extremis una serie di misure volte a ostacolare
(1) la più che prevedibile distensione con la Federazione russa, con l’attesa fine delle sanzioni. Ipotesi su cui Trump e Putin sembrano già marciare in sintonia;
(2) il ridimensionamento della Nato, il cui ruolo anti-russo è già stato criticato più volte dal tycoon newyorkese;
(3) la fine del totale appoggio Usa alle cosiddette “rivoluzioni arancioni” che hanno favorito – in Ucraina e altrove – il successo di movimenti xenofobi e di estrema destra.

A fronte di tutto ciò è sorprendente osservare quanto la sinistra italiana ed europea continui a parteggiare per le posizioni di Obama e della quasi dimenticata Hillary Clinton. Come se non bastassero le decise prese di posizioni filo-Clinton durante la campagna elettorale Usa. Celebre è rimasta l’invocazione dell’ex premier Matteo Renzi che chiese a Hillary “protezione contro Trump”, cosa subito rivelata alla stampa dalla candidata democratica poi sconfitta.
Eppure numerosi fattori inducono a ritenere che, fatte salve le stranezze del personaggio, la vittoria di Donald Trump abbia anche degli aspetti positivi. Soprattutto in politica estera, ma non solo. Si attende quindi, da sinistra, qualche colpo (o colpetto) che faccia sperare in un rapido recupero di lucidità.

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