
Forse col 2016 butteremo anche la guerra civile in Siria
Firmati dal governo siriano e dalle forze di opposizione gli accordi per la tregua in Siria e per iniziare presto le trattative di pace tra le parti.
Lo ha annunciato al mondo il presidente russo Vladimir Putin.
«Poco fa abbiamo avuto conferma di un evento che noi non soltanto abbiamo aspettato a lungo ma su cui abbiamo lavorato molto per renderlo possibile». Questo per la storia.
Per la politica, «Gli accordi sono fragili e hanno bisogno di pazienza e attenzioni particolari».
Saggezza e prudenza.
Potenziale passaggio storico ma, prudenza
Tregua siglata tra i ribelli «moderati» e Assad, ma restano aperti i conti con gli ‘altri’, e sono molti.
Putin ha precisato che sono stati firmati tre documenti.
Il primo riguarda il cessate il fuoco:
il secondo «un pacchetto di misure per gestire il cessate il fuoco»;
mentre il terzo prevede «una dichiarazione di disponibilità ad avviare i colloqui di pace per la stabilizzazione della Siria».
Il presidente russo ha più di una volta sottolineato che si tratta di accordi «fragili» che richiedono un’attenzione speciale e pazienza.
«Come comprendiamo bene, tutti questi accordi sono molto fragili, richiedono una speciale attenzione e pazienza, un atteggiamento professionale a queste questioni ed un costante contatto con i nostri partner», ha concluso il capo dello Stato russo.
Gli esclusi e i nemici veri
A minare la tregua ci sono innanzitutto gli esclusi: resterebbero fuori dall’intesa il movimento curdo siriano Ypg – oggi appoggiato dagli Usa – e alcuni gruppi islamisti importanti come la ex Al Nusra. Oltre, naturalmente, l’Isis, trincerato nella parte nord orientale del Paese.
L’annuncio è stato accolto con prudenza dagli insorti: per alcuni gruppi, la «mappa» esclude delle zone sotto il loro controllo, ed esigono chiarimenti.
Le sigle che aderiscono alla tregua in Siria sono Faylaq Al-Sham, Ahrar al-Sham, Jaysh al-Islam, Suwar Agi Sham, Jaysh al-Mujahideen, Jaysh Idlib e Jabhat al-Shamiyah. Lo riporta il ministero della Difesa russo in un comunicato. Secondo il ministro della Difesa Serghei Shoigu, «i comandanti più influenti dell’opposizione armata hanno preso parte ai negoziati, che sono durati due mesi, e hanno permesso di definire il territorio controllato dai ribelli».
Percorso in salita, ma adesso o la distruzione del Paese
Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha detto che l’accordo sul cessate il fuoco in Siria verrà presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per ottenerne l’approvazione.
«Informeremo i membri del Consiglio di Sicurezza sul lavoro che abbiamo fatto e risponderemo alle loro domande», ha detto Lavrov.
Secondo il ministro della Difesa Serghei Shoigu, «chi non deporrà le armi verrà considerato un gruppo terroristico, alla stregua dell’Isis e di Jabhat al-Nusra che non sono coperte dagli accordi».
A rimanere ufficialmente parti ancora in guerra, sette formazioni in tutto, che – stando ai dati forniti dal ministero – comprendono almeno «51mila persone».
Non è certo la pace ma forse l’avvio della fine di una catastrofe.
La pace di chi si sporca le mani
Le forze armate siriane hanno confermato che a partire dalla mezzanotte, le 23 in Italia, osserveranno un cessate il fuoco totale, con l’interruzione delle operazioni militari. Anche la Coalizione nazionale siriana, principale cartello delle forze di opposizione «esprime sostegno per l’accordo, ed esorta tutte le parti a rispettarlo», ha proclamato Ahmed Ramadan, portavoce dell’alleanza.
Ciò che emerge, alla fine, e sperando in una tenuta della tregua ed una sua evoluzione verso un accordo di pace, è che in Siria possono negoziare soltanto quelli che davvero hanno un potere di persuasione sulle parti in lotta, quindi Turchia da una parte e Russia e Iran dall’altra.
L’Amministrazione americana e le Nazioni Unite sono escluse perché in questi cinque anni di guerra civile non hanno creato con i fatti un proprio diritto di farsi ascoltare dai combattenti sul campo.