L’antiterrorismo italiano nell’Europa bersaglio

«Terrorismo diffuso»
Definizione tecnica del terrorismo che non si fermerà a Berlino e l’antiterrorismo che prova ad adeguarsi alle sfida rinnovando prevenzione e sistemi di sicurezza. Perché, brutto dirlo in questa lunga vigilia di un Natale preoccupato, anche per il nostro Paese, non è più questione del ‘se’ ma solo del ‘dove’ e del ‘quando’. Non lo era più da tempo, dagli appelli dello Stato Islamico a colpire ‘i crociati’ ovunque e dovunque se ne presenti l’opportunità e con qualsiasi mezzo.

Armi infinite, i veicoli scagliati come bombe, e una platea di potenziali martiri non individuabili con le normali procedure di polizia e intelligence, spinti da un micidiale cocktail di emulazione e autoradicalizzazione. La strage di Berlino obbliga a ripensare la prevenzione antiterrorismo del nostro Paese. Martedì al Viminale, riunione del Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo, i vertici delle nostre forze dell’ordine e della nostra Intelligence. Situazione e nuove strategie.

Vigilanza attiva e difesa passiva
Il nuovo ministro dell’Interno Marco Minniti ha battezzato la nuova strategia italiana, “prevenzione collaborativa”, immaginando un coinvolgimento degli amministratori locali, sindaci per primi, e dei corpi di polizia municipale delle città, affiancati da questori e prefetti. I soli in grado di rendere efficaci e capillari quelle forme di vigilanza attiva, più occhi ed attenzioni in campo, e di difesa passiva, ostacoli, nelle aree urbane di fronte alla minaccia del lupo solitario.

L’analisi di Minniti tra ciò che era accaduto a Nizza, e oggi Berlino. «Un minimo di pianificazione che era stata necessaria in Francia, non appare esserci stata in Germania. Una cosa è affittare un camion, fare dei sopralluoghi e quindi colpire una folla di innocenti riunita per un evento di festa previsto e annunciato. Altro è salire su un camion scelto casualmente, accoltellarne l’autista e poi lanciarsi su un mercato di strada». Imprevedibilità, quindi nuovi strumenti di prevenzione.

Investigazioni, intelligence e Ue
Investigazioni e intelligence sempre e comunque, ma non solo. «L’imprevedibilità della minaccia portata al suo estremo richiede, per forza di cose deve prescindere dall’attività investigativa. Quindi decentralizzare i nostri strumenti di sicurezza attiva e passiva». Ai sindaci, alla polizia municipale, ai questori, ai prefetti -alle sensibilità locali- la conoscenza e quindi la responsabilità di valutare la necessità di cosa proteggere, e in che modo, quella una fiera e quel tale evento sportivo.

Intanto la Commissione europea ha proposto di rafforzare la banca dati di Schengen, lo Schengen Information System (Sis), introducendo l’obbligo di allerta in caso di crimini legati al terrorismo e di nuove categorie di allarme per “persone sconosciute ricercate” e per i rimpatri dei migranti irregolari. Lo ha annunciato il commissario Ue Dimitri Avramopoulos. Europol, Eurojust e la nuova Guardia di frontiera e guardiacoste Ue avranno diritto d’accesso al database.

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