Nucleare iraniano, Teheran anticipa Trump e denuncia i ritardi

Formalmente è stato l’Iran il primo a muoversi, anche se platealmente provocato. Il voto del Senato sotto controllo Repubblicano e sotto forte influenza israeliana, che ha votato l’estensione delle sanzioni contro l’Iran per altri dieci, con uno sberleffo agli impegni assunti dagli Stati Uniti con la firma dello storico accordo.
La prossima mossa toccherà a Trump, e sarà segnale decisivo della prossima politica estera della nuova amministrazione Usa nei confronti dell’islam, in Medio Oriente.

Dopo che il 20 gennaio si sarà insediato alla Casa Bianca, Trump procederà, come annunciato, a “smantellare” l’accordo raggiunto con Teheran sul programma nucleare? Molti dei collaboratori che ha recentemente nominato, da James Mattis alla difesa difesa a Michael Flynn consigliere per la sicurezza nazionale a Mike Pompeo direttore Cia, noti per ostilità verso l’Iran. Ma vanificare l’accordo con Teheran potrebbe essere più difficile di quanto si pensi, per l’opposizione del mondo industriale e, soprattutto, della comunità internazionale.

Da Teheran il presidente iraniano Hassan Rohani: «Se vuole indebolire o mettere in discussione il testo, pensate che glielo lasceremo fare?». Rohani il moderato, che probabilmente si ricandiderà per un secondo mandato nel maggio 2017, insiste sul fatto che il suo paese non è una minaccia per la pace internazionale e chi crede il contrario è vittima delle manipolazioni di Stati Uniti e Israele. Il primo ministro israeliano Netanyahu, non ha mai accettato l’intesa raggiunta dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e la repubblica islamica.

Festaggiamenti a Teheran per la firma dell'accordo

Festeggiamenti a Teheran per la firma dell’accordo

La corsa ai contratti
La paura che la nuova politica estera di Trump possa compromettere il clima di apertura dell’Iran ai mercati internazionali ha spinto molte aziende ad accelerare i tempi. L’11 dicembre la Boeing ha firmato un accordo per 80 aerei a Iran air, un affare da 16,6 miliardi di dollari. Un rapporto di lunga durata con le prime consegne previste per il 2018 e l’ordine completato in una decina d’anni. Il 13 dicembre anche Airbus ha annunciato che entro due settimane concluderà l’accordo per vendere altri aerei a Iran air. Di corsa prima che arrivi l’imprevedibile Trump.

Lo stesso discorso vale per altri settori, tra cui quello petrolifero, industria vitale per l’economia iraniana. L’Iran ha bisogno di capitali e di nuove competenze tecnologiche per tornare ai livelli di produzione del 2011 quando pompava 4,3 milioni di barili al giorno. Dalla sospensione delle sanzioni, la produzione di greggio è aumentata di circa un terzo, ma Teheran mira più in alto. Oltre alle pressioni del mondo economico, la futura amministrazione Trump potrebbe essere ostacolata anche dalla comunità internazionale.

Stracciare l’accordo è più difficile di quanto sembra. Intanto perché rovinerebbe i rapporti con l’Europa, la Cina e forse anche con la Russia. In più, sconfessato l’accordo, per ottenere di più da Teheran, la guerra? Inoltre, altri paesi coinvolti dal patto potrebbero rifiutarsi di re imporre sanzioni, quando hanno già ricominciato a commerciare con l’Iran. Come osserva Internazionale, gli anni di embargo non sono serviti a fermare le ambizioni dell’Iran sul nucleare, che ha continuato a sviluppare nuove centrifughe: dalle 164 del 2003 alle 19mila del 2013.

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