La campagna referendaria più lunga della storia, ed anche la più rozza astiosa e maleducata. Oltre che bugiarda. Dicono che si voti sulla costituzione, e così faranno alcuni, ma molti, i più voteranno per altro: Renzi Si, Renzi No, Renzi forse che i mercati, Renzi meglio che niente visto quello che c’è attorno, Renzi che bisogna bastonare per insegnargli l’educazione, Renzi che tanto resta al governo. Ma tu voti con quelli? E tu con quegli altri? E l’Italicum che non c’entra un piffero, ma c’è anche lui.
Quindi, andiamo a votare e finiamola lì. Per oggi, perché da questa sera avremo ben altro a cui pensare, e ricomincerà un altro giro di giostra, di grida e di arroganze. Ma con alle spalle, molti pozzi della politica avvelenati. Quasi otto mesi di campagna sfiancante. Scandita da insulti e minacce. Si è parlato molto poco della riforma, molto di slogan e banalità. E per convincere gli indecisi, tutti a farsi ‘anti sistema’ e ‘anti casta’, accusando gli avversari di rappresentare sistema e casta.
Quando la posta in gioco è importante i toni del dibattito si alzano, provano a giustificare gli ottimisti. Altri, più severi, parlano di una crisi della politica e dei suoi attuali protagonisti. In una fase in cui il consenso è sempre meno ideologico e dove tutti gli schieramenti politici possono sperare di pescare consensi nel bacino elettorale avverso, ogni strategia è buona. Tipo il ruolo anti establishment recitato nelle ultime settimane da Renzi, distratto sul fatto di essere lui il presidente del Consiglio.
E questo referendum è già materia di studio per intuire i percorsi della politica italiana del prossimo futuro. Certo, i referendum sul divorzio e sull’aborto erano altra cosa. Temi diretti e immediati. Il problema è che per molti, anche oggi, è quesito diretto ed immediato. Renzi Sì, Renzi No. Un equivoco voluto dallo stesso Renzi e poi rimangiato, ma forse troppo tardi. La personalizzazione del referendum, che ha finito per trasformare il voto in un plebiscito sul presidente del Consiglio.
Poi le violenze verbali, le minacce. Toni apocalittici da 1948 ma senza un De Gasperi o un Togliatti. Nessuno allora era arrivato a definire gli avversari ‘accozzaglia’, o ‘killer seriali’ o ‘scrofe ferite’. L’imbarbarimento della società italiana, ogni cosa portata all’esasperazione, demonizzando e irridendo ogni dissenso. Gli eccessi televisivi di tutti, con una abilità recitativa decisamente superiore di Renzi che in molti passaggi ha saputo rubare battute a Grillo e certi modi aspri a Salvini.
Quindi l’invasione incontinente del presidente del Consiglio in ogni possibile occasione sulla tv pubblica e non soltanto. Decisamente oltre il buon gusto e probabilmente persino controproducente. Un problema che, comunque vada, dovrà essere affrontato. Per concludere sulla propaganda, tante fastidiose insistenze sui social di chi ritiene che il dichiarare il suo voto porti consensi alla sua parte invece che fargli perdere degli amici. Che a vedere certa propaganda ti viene voglia di votare contro.
E le infinite interferenze esterne su questo voto, che sembra abbiano coinvolto il mondo. Da Obama alla Merkel, al resto del mondo. Non ho notizia di come vorrebbe votassi Xi Jaoping, ma forse mi ero distratto. E poi il dubbio atroce che ti coglie leggendo le bibbie economico-giornalistiche: dalla Apocalisse borsistica dell’americano Wall Street Journal se voti il No, all’invito a farlo del british Economist che si chiede se era proprio quella costituzionale la riforma chiave per le sorti dell’Italia.
Prima o poi saremo comunque costretti a chiederci come siamo riusciti, noi Paese, nel capolavoro di fare di un innocuo voto referendario una specie di plebiscito sul futuro dell’Italia, in grado di fare quasi più danni della Brexit o dell’elezione di Donald Trump. Primo colpevole certamente Renzi, la personalizzazione del referendum di cui si è già detto. E se questa sera vincesse il No, che fa, va o resta? E se vince il Sì, dato l’approccio in campagna elettorale, chi potrà moderare Renzi? E il Pd?
Ed ecco che il momento magico di silenzio elettorale si rivela breve pausa rispetto ad altri problemi a cui la politica sarà chiamata a dare risposte. Saranno in grado? Bah. E gli stessi politici delle risse scomposte di ieri, più che al voto di oggi, guardano già a ciò che sarà domani. Lo faremo anche noi, ma con dignitoso distacco, come abbiamo cercato di fare in questa campagna elettorale da tifoseria ultras. Qualche giorno di rissa sui risultati, poi si tornerà a parlare dei problemi reali del Paese?
Chiudere con un punto di domanda è una ‘non conclusione’. È condividere un dubbio. La brutta campagna elettorale che abbiamo seppellito potrà passare senza lasciare strascichi? Temiamo di no, almeno nel corpo della società dove certe asprezze non godono della franchigia dell’opportunismo che gode la politica. Astiosità seminata contro l’avversario è veleno che inquina il vivere civile. Da questo il titolo che vorremmo fosse smentito dai fatti: Si o No, comunque vada a finire, saremo nei pasticci.