Censis: i ‘diversamente giovani’ privilegiati rispetto ai giovani veri

Chi ha figli in età da lavoro, o era ricco e li ha piazzati, o ha giganteschi sensi di colpa di fronte situazioni di incertezza o precariato o peggio. E il Censis crudelmente conferma, anzi, aggrava i timori.
Rispetto a 25 anni fa, i giovani di oggi hanno un reddito del 26,5% più basso di quello dei loro coetanei di allora, mentre quello degli over 65 anni è aumentato del 24,3 per cento.
A fare i conti è il Censis nel suo Rapporto 2016 sulla situazione sociale del Paese, e qui non valgono gli ‘sconti’ pre elettorali da governo poco serio.

‘Diversamente adulti’ pigliatutto
Il Censis non fa invece sconti, e con parole un po’ troppo tecniche documenta un «inedito e perverso gioco di trasferimento di risorse» che ha letteralmente messo ko le nuove generazioni che, tra le tante disgrazie che già subiscono, hanno anche quelle di essere chiamate ‘millennial’, la generazioni del nuovo millennio.
Ed ecco che la ricchezza dei nati dopo il 1980 è inferiore del 4,3% rispetto a quella dei loro coetanei del 1991, mentre per gli italiani nell’insieme il valore attuale è maggiore del 32,3% rispetto ad allora e per gli anziani è superiore addirittura dell’84,7 per cento.

Genitori ladri di risorse e nonni non ti dico
25 anni fa i giovani guadagnavano più della media. Ora rapporto invertito (parliamo sempre di media). Oggi le famiglie dei giovani con meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%, rileva il rapporto.
Ed è una progressione verso il peggio. Venticinque anni fa, valuta il rapporto, i redditi dei giovani erano superiori alla media della popolazione del 5,9% (mentre oggi sono inferiori del 15,1%) e la ricchezza era inferiore alla media solo del 18,5% (mentre oggi lo è del 41,1%).

I Millennial e il Neet, non solo stupidità linguistiche
Nel frattempo l’Istat fa sapere che tra 2008 e 2015 i giovani che non studiano e non lavorano (i Neet, “Not engaged in Education, Employment or Training”, né studio né lavoro, nella lingua di Dante), sono passati dal 19,3% al 25,7% dei 15-29enni, portando l’Italia al primo posto in Europa.
Del resto, rileva l’istituto di statistica, negli anni della crisi la perdita di posti di lavoro ha colpito maggiormente i diplomati e gli individui con la licenza media rispetto a laureati e persone con licenza elementare. Tra 2008 e 2015 il tasso di occupazione è sceso da 45,9 a 38,4% tra coloro in possesso di licenza media (-7,5 punti percentuali) e da 62,8% a 56,7% tra i diplomati (-6,1 punti).

Figli e nipoti staranno peggio
Sul fronte della disponibilità economica, il Rapporto Censis rileva come gli italiani che possono contare su rendite non investano sul futuro e come le aspettative dei nostri connazionali continuino ad essere negative o piatte.
Il 61,4% della popolazione è infatti convinto che il proprio reddito non aumenterà nei prossimi anni, il 57% ritiene che i figli e i nipoti non vivranno meglio di loro e lo pensa anche il 60,2% dei benestanti.
Dalla consapevolezza, insomma, che i loro eredi faranno più fatica a tirare avanti.

Risparmi per campare
Dal quadro Censis emerge poi che il 63,7% degli italiani prevede una riduzione del tenore di vita. Quindi, tagliare ancora le spese ordinarie per la casa e l’alimentazione (il 51,7%). «L’immobilità sociale genera insicurezza, che spiega l’incremento dei flussi di cash», afferma il rapporto, in soldi in contanti, per chi i soldi ancora li ha.
Rispetto al 2007, dall’inizio della crisi, gli italiani hanno accumulato liquidità aggiuntiva per 114,3 miliardi di euro, «un valore superiore al Pil di un Paese intero come l’Ungheria», segnala il Censis.

Seconda era del sommerso
Ieri per evadere il fisco, oggi per sopravvivere. «Manovre pensate in affannata successione non hanno portato i risultati attesi», censura il Censis. Ed è nata una “seconda era del sommerso“, che punta alla “ricerca di più redditi”.
Fenomeno diverso dal sommerso degli anni ’70 che fece da battistrada allo sviluppo. Oggi è “arma di pura difesa“. Un fenomeno mal descritto dal Censis che fa riferimento in lingua astrusa e scioccamente complessa alla proliferazione di “figure lavorative provvisorie”, che “non ha saldezze organizzative e manageriali”, ma è comunque “un fenomeno di enorme peso e importanza”.

Diffusa sensazione di impoverimento
Paura del futuro, quindi «accumulazione di redditi, di risparmi, di patrimoni».
Anche sugli immobili si è affermata una “vocazione al sommerso”. Da una “conservazione da ‘bene rifugio’” si sta passando a “una imitativa strategia di ‘messa a reddito’.
«Non c’è casolare rurale, appartamento urbano, attico panoramico -sostiene Censis- che non veda i proprietari decisi a farli rendere attraverso utilizzi (casa per vacanze, bed and breakfast, location per eventi vari, ecc.) dove impera la transazione cash (non solo per la parte immobiliare, ma anche per i servizi correlati)».

Pensionati, o alla fame o risorsa
I pensionati hanno redditi maggiori che in passato, ma 1,7 milioni di loro hanno chiesto aiuto a amici e parenti. Lasciano il lavoro a un’età più avanzata che in passato ma hanno anche redditi pensionistici mediamente migliori. Negli anni 2008-2014 il reddito medio del totale delle pensioni è passato da 14.721 a 17.040 euro (+5,3%).
Per 3,3 milioni di famiglie con pensionati le prestazioni pensionistiche sono l’unico reddito familiare e per 7,8 milioni i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile.
Quasi 2 milioni i pensionati che hanno ricevuto aiuto economico da parenti e amici, ma sono 4,1 milioni quelli che hanno prestato ad altri. Più risorsa che debito (e chi scrive si consola).

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