Rai, tagli ai superstipendi e agli inviati inutili?

In Rai gli stipendi avranno un tetto massimo di 240 mila euro. Così ci dicono, e così fu detto già anni addietro. Poi scoprimmo che le carte erano state truccate e che, prendendo il Paese per il sedere, i superstipendi continuavano a correre sotto altre forme ma con le stesse banconote.

Sarà la volta buona?
Così ci narrano molti giornali. «I manager dovranno adeguarsi, a cominciare dall’ad Campo Dall’Orto che percepisce 650mila euro l’anno. La tagliola scatterà dal 15 novembre, coinvolti direttori e dirigenti. Non chiara la sorte dei compensi degli artisti».
Fatta la legge bisogna (bisognerebbe) tagliare i compensi e rispettare il tetto di 240mila euro lordi annui. Nessun manager Rai potrà sfuggire alla tagliola (forse).
A cominciare dal milione di euro che si portano a casa la coppia del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e della presidente Monica Maggioni. Oltre a loro due, a stringere la cinghia (forse) saranno una quarantina di dirigenti e direttori che superano 240mila euro l’anno, mentre sono oltre 90 gli stipendi che superano i 200mila annui.

CdA del rigore e dell’autogol
Il Consiglio di amministrazione di Viale Mazzini ha approvato la delibera che fissa il tetto retributivo per i dipendenti, così come previsto dalla legge, mentre per i contratti di natura artistica verrà chiesta un’interpretazione del testo di legge al ministero dell’Economia e Finanze. Più o meno come tentare di regolamentare il ‘borsino’ dei calciatori. O escludere la Rai dalla concorrenza nel settore della fiction riducendola ad ascolti da ‘Politics’.
Una soluzione azzardata anche quella di far pagare le star dalle società di produzione alle quali la Rai si rivolge per acquistare format e contenuti. Come regalare a terzi il ‘capitale artistico’ della Rai mettendolo a disposizione del miglior offerente. Oltre al distinguo economico tra chi porta ascolti e pubblicità e chi fa share a perdere.

Ascolti a scendere, trasferte a crescere
Incoerenza di mercato e tanti non piccoli favori. Ad esempio Politics, il talk di Rai 3 che resiste in palinsesto soltanto per far sopravvivere la direttrice di Rete Daria Bignardi, che il ben pagato Gianluca Semprini ha voluto a tutti i costi. Più soldi che ascolti quel Politics, che non risorge dal 3 per cento e che, nel tormento della serata elettorale Usa, riesce anche ad attribuire gli Stati repubblicani alla Clinton e quelli democratici a Trump.
Sotto schiaffo Carlo Verdelli e la struttura di coordinamento dell’informazione che avrebbe dovuto rivoluzionare il settore in Rai. Manca un piano editoriale, promesso da tempo, mentre i nuovi programmi di approfondimento stanno facendo flop e di coordinamento se ne vede ben poco.

Spilorceria Siraq e poi l’America
Vicenda emblematica emersa nell’ultimo CdA, il viaggio del Papa in Svezia, seguito da 23 tra giornalisti e operatori, di tutte le testate Rai. E non era ancora partito il baraccone elettorale Usa, mentre è nota e denunciata anche sindacalmente più volte, la ‘spilorceria’ sui fronti giornalistici di prima linea in Siria, o Iraq o Libia. I veri ‘inviati speciali’, insomma.
Ve la do io l’America, diceva un allora bravo comico. Anticipiamo noi, da subito, a chiedere numeri e spiegazioni ad una marea di ‘inviati’, alcuni riciclati da alti incarichi ed esibiti con qualche imbarazzo di efficacia dagli Stati Uniti. Più ‘viaggi premio’ a spese Rai che ‘Coordinamento editoriale’ e decoroso buongusto in tempi di ristrettezze.
Con la verifica dei soldi del canone pagato da tutti ma con la riduzione da 100 a 90 euro, mentre la parte immobiliare del patrimonio Rai ha bisogno di interventi importanti e costosi trascurati da tempo.

 

TRE MESI FA DICEVAMO

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