
È la mattina del 1° Novembre dell’Anno Domini 1755, festa di Ognissanti, quando Lisbona -una delle maggiori città d’Europa che contava all’epoca circa 280.000 abitanti- è scossa da un violento terremoto seguito da un’onda oceanica alta dieci metri che si abbatte sulla costa. Benché sia difficile fornire oggi una stima esatta della magnitudo, sembra accertato che, in due scosse distinte tra le 9 e 30 e le 9 e 50, fu raggiunto un livello tra 8,5 e 9 della scala Richter. Fu un evento catastrofico al di la di ogni dubbio che provocò la morte di almeno 70.000 persone, ma che assunse anche un significato simbolico destinato ad avere altri sviluppi perché, nell’arco di pochi anni, i maggiori intellettuali europei lo interpretarono ciascuno diversamente.
La prima reazione fu di natura politica, condotta dal primo ministro del regno marchese de Pombal che attuò un programma semplice ed enorme nello stesso tempo: «Seppellire i morti e nutrire i vivi». Bisognava infatti rimuovere i resti sotto le macerie e seppellirli, ma controllare anche che non si verificassero atti di sciacallaggio, che i superstiti trovassero cibo e cure adeguate e soprattutto respingere i pirati che dalla costa africana effettuavano piccole scorrerie verso le spiagge portoghesi per razziare indisturbati approfittando della confusione del momento. Pare che le idee di seppellire in mare per fare in fretta e quella di far costruire grandi accampamenti dall’esercito come rifugio per i senza tetto fossero sue e furono messe in pratica già all’indomani.
Un simile pragmatismo, sebbene incontrasse il favore popolare, non fu apprezzato da tutti. La chiesa e la nobiltà portoghese ne furono scandalizzate, ma altre critiche pesanti vennero dopo, quando si trattò di riempire i vuoti tra impiegati e funzionari pubblici e Pombal decise di attenersi a criteri esclusivamente meritocratici, non basati cioè sul censo; per risolvere altri problemi ricorse poi a tutti gli scienziati, dando loro carta bianca anche se in odore di eresia. Ingaggiò per questo un braccio di ferro con la potente compagnia di Gesù, ma alla fine -grazie all’appoggio di Clemente XIV- vinse. Nel frattempo, per un breve periodo e con molte comodità, perfino il re aveva abbandonato il palazzo vivendo con la corte in un lussuoso accampamento: ciò significò per Pombal dimostrare a tutti di averne il pieno e incondizionato appoggio.
Più estese e non immediate furono le reazioni del mondo intellettuale europeo: la notizia stessa dell’evento di Lisbona aveva impiegato settimane a raggiungere tutte le città d’Europa e le università. Il primo a manifestare un pensiero sgomento su una certa rassegnazione fu Voltaire che entrò subito in polemica i seguaci di Leibnitz che sostenevano che quanto accadeva sulla terra facesse parte di un programma divino ‘giusto ed amorevole’. Ancora più moderni furono Rousseau e Kant: il filosofo ginevrino, che fondava il suo pensiero sull’etica della vita in campagna, attaccò il modo di vivere nelle grandi città dove le catastrofi producevano più vittime e maggior distruzione; Kant invece, dalla natia Königsberg affacciata sul mar Baltico, fu colpito dall’immagine dell’onda del maremoto e scrisse uno dei primi saggi sulla propagazione del movimento in acqua.