Quando Mosul era Ninive e Siraq era Mesopotamia

Devastati dal conflitto in corso gli scavi di Ninive rappresentano uno dei siti archeologici più importanti al mondo, ma testimoniano anche un passato di lunghe guerre. La città di Ninive, sulla riva sinistra del Tigri nel nord dell’antica Mesopotamia, divenne capitale del regno assiro sotto Sennacherib (705 a.C.-681 a.C.), sovrano guerriero – come molti del suo tempo – che aveva conquistato in precedenza Babilonia e assediato Gerusalemme (701 a.C.). A colpire i visitatori era l’imponenza delle mura e l’estensione della città: dodici chilometri racchiudono infatti più di settecento ettari di rovine. Meno di un secolo dopo infatti (nel 612 a.C.), Ninive cadde assieme al regno assiro, conquistata dai Medi e da Caldei, ma si trattò dell’ultimo capitolo di una serie di guerre spaventose. Lasciando da parte alleanze e congiure familiari, scontri sul campo e massacri nelle città conquistate, dalle guerre di quei tempi ci sono rimaste lezioni fondamentali di grande valore storico.

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Il re assiro Sennacherib non solo portò a Ninive la capitale, ma fu un personaggio citato in vari testi di diversa origine: oltre alle cronache assire (ritrovate negli scavi), compare nella Bibbia e nelle storie di Erodoto. Di fronte ad una figura che si può conoscere attraverso fonti differenti, vediamo anche ai primi rudimentali concetti di politica e diplomazia, ovvero, usando un’espressione moderna, le relazioni internazionali. Quando oggi si parla di politica coercitiva, di stati-vassalli o anche di guerra psicologica, è dovuto all’elaborazione in Oriente di concetti nati sette secoli prima della nascita di Cristo. Se il mondo occidentale riconosce insomma la nascita della storia nell’intreccio tra guerra e politica che ci ha narrato Tucidide nella Guerra del Peloponneso (431 a.C.-404 a.C.), dobbiamo ammettere che si stavano già manifestando in Mesopotamia.

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Bisogna ricordare che non sempre una guerra ha come obiettivo lo sterminio: nel caso di Sennacherib, che portò al massimo splendore il regno assiro, lo scopo era quello di asservire gli altri popoli e non di distruggerli. Una volta ottenuto il bottino, reclamato in ogni caso, la fase successiva imponeva tributi da pagare al vincitore, ma non ne distruggeva lo Stato. Assomigliava ad una riduzione collettiva in schiavitù, ma non toccava le istituzioni o la religione dei vinti e raramente imponeva una nuova classe dirigente. Con questa idea Sennacherib partì da Ninive ad assediare Gerusalemme, dopo il rifiuto di pagare di pagare i tributi imposti da una sconfitta precedente. Dopo un breve assedio, dimostrazione di forza spettacolare, e dopo un violento discorso di minacce agli assediati e tenuto in lingua ebraica affinché tutti capissero (ad esempio ricordando che la fonte dell’acqua era in mano assira), Sennacherib tornò però a Ninive.

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Le decorazioni del grande palazzo reale di Ninive volute da lui contenevano il racconto di questa campagna siro-palestinese per glorificarlo, ma anche per ricordare come dei vassalli erano stati ridotti alla ragione e soprattutto era stato versato un sostanzioso contributo di oro e argento. Al greco Erodoto sembra invece sfuggire il centro di questa ricostruzione: gli assiri – nella versione delle Storie – sarebbero stati sconfitti da un esercito egiziano che, pur inferiore di numero, fu invece aiutato dagli dei che mandarono dei roditori a danneggiare le corde degli archi e le altre cinghie delle armi. L’Occidente insomma, ascoltando la versione di Erodoto, sembrava ancora credere alle leggende.

Tags: Iraq Mosul Ninive
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