L’addio del mondo a Shimon Peres. Fu vera colomba?

Il feretro di Shimon Peres è rimasto esposto sul piazzale antistante la Knesset, Parlamento, a Gerusalemme. Oggi le esequie ufficiali sul Monte Herzl, sempre a Gerusalemme, ai quali prenderanno parte molti leader mondiali, tra cui il presidente Usa Barack Obama. Parteciperà anche il presidente palestinese Abu Mazen. Un riconoscimento anche da parte del mondo arabo in Israele alla figuRa del premio Nobel per la pace ed ex Presidente di Israele? Non è esattamente così, almeno nella percezione diffusa tra la popolazione palestinese dei territori occupati.

Il nome di Shimon Peres resta storicamente legato soprattutto agli Accordi di Oslo del 1993 tra israeliani e palestinesi di cui fu l’artefice con Yitzhak Rabin e Yasser Arafat che valsero ai tre il premio Nobel per la pace nel 1994. Accordi che crearono la speranza rivelatasi presto una illusione di una conclusione negoziata del conflitto israelo-palestinese. Il sempre evocato principio dei “due popoli, due Stati”, che dopo il fallimento degli accordi, non solo rimane un sogno, ma una proposta che l’attuale governo israeliano addirittura respinge come prospettiva. Io futuro del mai.

«Per molti, specie in Occidente, Shimon Peres è stato il politico israeliano che più di altri ha insistito sul dialogo con palestinesi e arabi e cercato la pace», rileva Michele Giorgio su Nena News che in Israele vive e che Peres bene ha conosciuto. Da quella agenzia di stampa, una ricostruzione storica attenta. In realtà -lettura critica- Peres era sostenitore di accordi di pace con concessioni minime per ottenere massimi vantaggi, a cominciare dal riconoscimento dello Stato ebraico da parte dei palestinesi e della maggioranza dei Paesi arabi. Una immagine pacifista all’estero servita spesso a coprire durissime operazioni militari nei Territori palestinesi occupati, a cominciare da Gaza.

Un po’ di storia. Peres divenne ‘colomba’ solo verso i suoi 50 anni. Nato in Polonia nel 1923, immigrato con la famiglia a Tel Aviv e cresciuto nei kibbutz, Peres entrò giovanissimo in contatto con i massimi leader del movimento laburista guidato dal fondatore di Israele David Ben Gurion. Si mise in luce allora come un ‘falco’ e non come una ‘colomba’. Direttore generale del Ministro della Difesa nel 1953, svolse un ruolo decisivo nell’acquisto di armi sofisticate e nello sviluppo del programma nucleare nazionale. È stato, grazie all’aiuto della Francia, il padre della bomba atomica israeliana che Tel Aviv continua a non ammettere di possedere.

Eletto alla Knesset nel 1959 e nominato per la prima volta ministro dieci anni dopo, Peres cominciò a manifestare una predisposizione al compromesso con nemici e avversari a partire dalla fine anni 70. Per brevi periodi primo ministro, Peres dalle elezioni ha quasi sempre ricevuto cocenti delusioni, anche per quella sua retorica pacifista che poco convinceva gli elettori israeliani poco inclini al compromesso con gli arabi. Due sue bocciature alle elezioni hanno aperto la strada del potere alla destra. Nel 1977 al governo guidato da Menachem Begin e nel 1996, poco mesi dopo l’assassinio di Rabin, al primo governo di Benyamin Netanyahu.

Peres è stato soprattutto un ministro degli esteri di successo fuori casa, dove ha goduto per decenni di forte stima oltre i risultati politici conseguiti. Dopo il fallimento totale degli accordi di Oslo nel 2000 e lo scoppio della seconda Intifada, ha comunque tenuto i contatti con i palestinesi. Nel 2005 ha appoggiato il ritiro di soldati e coloni israeliani da Gaza e lasciato il partito laburista per entrare nella formazione centrista Kadima, fondata da Ariel Sharon, uscito a sua volta dal Likud. Infine la nomina nel 2007 a capo dello stato che lo ha riconciliato con quella parte di Israele, piuttosto ampia, che non lo aveva mai stimato. Lasciata la presidenza nel 2014, Peres ha continuato a fare politica fino all’ultimo.

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