Quel ponte sullo stretto che va e viene a scadenza elettorale

Renzi rilancia la sfida berlusconiana sul fantomatico Ponte sullo Stretto: «Può creare 100 mila posti di lavoro». Inizia la campagna per il referendum di dicembre, è il sospetto generalizzato.

Il ponte Tricchete Tracchete, ponte Jo-Jo, ponte va e vieni, eccetera eccetera, a seconda della convenienza di chi ce la racconta, la fiaba.
Ponte sullo Stretto per 100mila posti di lavoro, e il ponte di era berlusconiana ritorna e si fa renziano. Silvio prometteva un milione di posti di lavoro, il giovane Renzi, più realisticamente parla di 100 mila posti di lavoro che si creerebbero attorno a quel ponte. Con quali soldi realizzare l’impresa non è specificato ma i sogni non vanno fermati con la grettezza dei conti.

C’è chi osserva che il presidente del consiglio apre e chiude i cordoni della borsa come farebbe un burattinaio con i fili del suo teatrino. Nella repubblica degli ‘zero virgola’, barcollano i pilastri dello stato sociale ma non quelli del ponte ritrovato. Norma Rangieri su Il Manifesto è severa: «Un presidente del consiglio che promette ponti d’oro e quattordicesime più pesanti mentre invita a votare sì al referendum». Malignità ‘sinistre’? Diciamo ‘convergenza di interessi’, stando almeno al Corriere della sera (Repubblica no perhé ormai ‘House Organ’ del governo).

Titolo di ieri sul referendum costituzionale: «Scelta la data del 4 dicembre. Renzi: pensioni basse, raddoppia la quattordicesima». Un semplice accostamento di fatti che suggerisce scenari poco tranquillizzanti su come si prepara e verrà condotta la battaglia referendaria. Sempre Rangieri: «Abbiamo iniziato con i gazebo sulla spiaggia e finiremo con babbo natale». Oltretutto la par condicio scatta a un mese e mezzo dal voto quindi, settimane a reti unificate per il Sì come e più di quanto hanno registrato i Tg Rai schierati oltre la vergogna.

Ma torniamo al ponte. Più ironia che rabbia per chi va a spulciare la storia semicomica di quel ponte mai nato, o ‘malnato’, un po’ bandito, come dicono in Sicilia. Ricordate la filastrocca dell’infanzia, ‘Avanti e indrè, avanti e indrè, che bel divertimento… ? E’ la storia di Vincenzo Fortunato, uomo dello stato che da tre anni e mezzo fa il liquidatore della società Stretto di Messina. L’incarico gliel’ha dato Enrico Letta. Secondo il decreto tutto doveva essere finito entro il 15 aprile 2014. Nella patria degli avvocati e dei ricorsi siamo ancora a carissimo amico.

Ma mica è colpa sua, di Fortunato. Ci sono di mezzo le imprese aggiudicatrici dell’appalto riunite nel consorzio guidato da Impregilo. Impregilo come l’attuale Salini-Impregilo di fronte ai cui vertici Renzi ha annunciato la resurrezione del ponte. E forse anche questo non è un caso. In ballo una causa per risarcimento danni con cifre enormi: 790 milioni di euro più gli interessi, quelli che chiedono. Somma alla quale si devono poi aggiungere i 350 milioni già spesi in trent’anni per il funzionamento della società e i progetti dell’opera.

«Non sbaglia -afferma il sempre equilibrato Sergio Rizzo sul Corriere della Sera– chi interpreta l’annuncio di Renzi a favore del Ponte come una mossa per recuperare terreno in vista del referendum sulla riforma costituzionale in una Regione con oltre 5 milioni di abitanti dove il consenso per il Pd è in caduta libera». Non solo interessi ‘privati’ di parte politica, speriamo, ma forse la promessa di far ripartire il Ponte come una sorta di armistizio con la famelica Impregilo dal miliardo di danni: «noi riapriamo i cantieri e tu ritiri la causa».

Il ponte dei desideri: sono tante le volte in cui un governo italiano ha cambiato idea. Nel 1992 Bettino Craxi promette in campagna elettorale che tornando a Palazzo Chigi costruirà il Ponte. Ma scoppia Tangentopoli. Due anni più tardi è il turno di Silvio Berlusconi, che però dura poco. Romano Prodi nel 1996 lo farebbe pure quel Ponte, ma nell’Ulivo sono quasi tutti contrari. E si torna a Berlusconi e al fatidico 2001. Il Ponte riparte, e prima di andarsene Berlusconi firma il contratto con l’Impregilo, pensando di aver legato le mani al successore.

Berlusconi va e vieni, e il ponte con lui. Con il Prodi bis nel 2006 l’opera finisce sul binario morto. Ma il centrosinistra dura meno di due anni. Di nuovo Berlusconi ed il Ponte ritorna. Ponte abbattuto definitivamente -sembrava- a ottobre 2011 quando il Parlamento toglie i soldi al progetto. Impazza la crisi finanziaria e Mario Monti coglie la palla al balzo: il 15 aprile lo Stretto di Messina finisce in liquidazione. Il decreto dovrebbe limitare i danni a 300 milioni di risarcimento possibile, più i 350 già spesi ma parte la causa miliardaria dalla Impregilo.

Ora, altro giro di giostra tra Scilla e Cariddi. Ponte limitato alla scadenza elettorale referendaria, come sospettano in molti, o davvero un nuovo azzardo Ponte? Primo rilievo, a prendere sul serio la esternazione a sorpresa del premier in sempiterna voglia di stupire, la previsione di nuovi posti di lavoro che passa da 40 dei ponti berlusconiani ai 100 mila delle maggiori esigenze occupazionali attuali, previsioni e promesse elastiche come il ponte che dovrebbe saper reggere ai venti sullo stretto e ai bisogni adempiuti con le promesse.

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