‘Sindrome cinese’ Usa, ma Seul vuole il Kim morto

‘Sindrome cinese’ Usa nel sud del Pacifico, ma la Corea del Sud vuole il Kim del nord morto, se non la smette di minacciare con missili e bombe atomiche.

‘The China Syndrome’, film del 1979, con Jane Fonda e Jack Lemmon sui pericoli dell’energia nucleare se finisce in brutte mani. Infatti. Il nuovo test missilistico di Pyongyang e le esercitazioni navali congiunte tra Mosca e Pechino nelle acque del Mar Cinese Meridionale alimentano le preoccupazioni di Washington e lo stato di tensione nello scacchiere asiatico

Dalla sempre bella Jane Fonda e dal formidabile e compianto Jack Lemmon in ‘Sindrome cinese’ che vediamo nella foto di copertina, al meno bello Kim Jong-un che, dalla sua Corea del Nord continua a fare esperimenti atomici o missilistici, mentre le flotte di Russia e Cina fanno esercitazioni nelle acque del Mar Cinese Meridionale. Oceano sempre meno Pacifico da quella parti. Ma mentre Washington si preoccupa, la Corea del Sud, sceglie di reagire, a muso duro. Lo pensa e peggio, lo racconta.

Truppe speciali pronte ad entrare in azione e uccidere il leader nordcoreano Kim Jong-un se si alzasse il livello di minaccia nucleare. E’ il piano rivelato dal ministro della Difesa della Corea del Sud Han Min-koo, secondo quanto riportato dalla Cnn. “Seul ha intenzione di utilizzare missili di precisione per colpire obiettivi nemici in diverse zone”, ha spiegato il ministro sudcoreano parlando in parlamento. “E ha anche intenzione di eliminare il leader nemico”, ha aggiunto. Tanto per calmare le acque di quell’oceano inquieto.

Ma il 20 settembre la Corea del Nord aveva anticipato tutti con un nuovo test di  lancio per la messa in orbita di satelliti. Secondo l’agenzia di stampa nordcoreana KCNA, non esattamente tra le più attendibili del mondo, si sarebbe trattato del test di accensione  di un nuovo motore ad alta potenza per razzi vettori. Obiettivo proclamato, il lancio di vari tipi di satellite, “compreso quello che permette di osservare tutta la Terra”. Con meno poesia, un missile balistico che, con una testata atomica potrebbe minacciare qualsiasi luogo del pianeta.

Le operazioni, supervisionate da Kim Jong-un in persona, e inevitabilmente coronate da successo, precisa la KCNA, si sono svolte nella costa nordoccidentale di Sohae, dove a febbraio si è svolto il test di lancio di quello che Pyongyang aveva definito un razzo-satellite per l’esplorazione dell’universo portato avanti dal governo nordcoreano. Prima, il 9 settembre, l’esplosione nucleare di entità simile a quella della bomba atomica Usa su Hiroshima già non aveva tranquillizzato il mondo, e la Corea del Sud in particolare, assieme al suo tutore americano.

A far crescere le preoccupazioni di Washington si sono poi aggiunti i ‘war games’, le esercitazioni ‘Joint Sea 2016’, condotte la scorsa settimana da Mosca e Pechino nelle acque del Mar Cinese Meridionale, un’area ricca di risorse su cui la Cina e diversi altri Paesi, come Filippine e Vietnam, rivendicano la sovranità. Secondo una sentenza del Tribunale dell’Aja, respinta da Pechino come “unilaterale”, le pretese di sovranità della Cina vantando diritti storici non avrebbero “alcuna base legale”. Ovviamente si parla di petrolio e non di storia.

Lo schieramento delle forze navali russe e cinesi in una zona “calda” come quella del Mar Cinese Meridionale, appaiono una dimostrazione di forza contro ‘progetti di egemonia USA’, denunciate da Mosca e Pechino. Queste esercitazioni navali si ripetono in realtà da cinque anni e fanno parte di un più ampio programma di cooperazione militare tra i due Paesi, avviato nel 2005. Ma un po’ come i missili ‘solo scientifici’ di Pyongyang, ‘Joint Sea 2016’, viene raccontata dai protagonisti come esercitazione alla lotta contro la pirateria a sostegno alla libera navigazione.

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