Dario Fo bandito in Turchia: «È il secondo Nobel»

La versione ufficiale è che le loro opere non incarnano lo «spirito nazionale turco».
Ma la decisione del Turkish State Theatres che ha messo all’indice le opere di autori come William Shakespeare, Anton Cechov, Bertolt Brecht e pure del premio Nobel Dario Fo colpisce la Turchia democratica come e forse più delle stesse andate di arresti in corso.
Sì, perché non suscita rabbia, ma ironia, il riso.
«La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà!», diceva un motto anarchico di fine ‘800 diventato poi slogan del ‘sessantotto’.
E Dario Fo ride, ride di Erdogan e del suo autoritarismo, gongola e assieme colpisce.

LA TURCHIA DI ERDOGAN VISTA DA DARIO FO

«Sono onorato. Manderò una lettera di ringraziamento a Erdogan per avermi inserito in un così nobile consesso. Un’ottima compagnia. Lo considero un secondo premio Nobel».

«Vent’anni fa fu pure peggio. Diedero fuoco ad un albergo in Turchia che ospitava attori che interpretavano una mia opera».

«Non capita tutti i giorni di essere accomunati ai grandissimi della letteratura e del teatro. Mi sembra però che in Turchia si siano dimenticati di qualcuno altrettanto importante. Nell’elenco dei reietti mancano gli Antichi Greci e magari qualcuno della Commedia dell’Arte. Solo così l’elenco sarebbe stato completo».

«Dietro la messa all’indice delle nostre opere c’è una manovra sola: cancellare la cultura democratica occidentale. E dunque cancellare la democrazia. Il riferimento allo “spirito nazionale turco” è poi davvero incomprensibile. Forse vogliono ridurre il teatro e la letteratura a un prodotto Dop come il formaggio».

«Molti miei testi erano in scena nei giorni scorsi nel Paese. Tra cui ‘Non si paga non si paga’, e ‘Morte accidentale di un anarchico’. Quest’ultimo deve aver dato molto fastidio perché è stato letto come un’accusa alla polizia turca e ai suoi metodi».

«Le bombe nelle strade, gli innocenti in galera, le torture, gli insabbiamenti della verità…. Tutti elementi di quelle che, sotto ogni bandiera, si chiamano “stragi di stato”».

«Quando si fa dell’autarchia culturale è un triste segno. Quando ci si accanisce contro il teatro, contro la cultura vuol dire che si ha paura del punto di vista degli altri. Che ci si sente in pericolo. Il fascismo ha dato il suo peggio quando agonizzava. In questo senso c’è da ben sperare per la Turchia».

NON DITELO A ERDOGAN

«Erdogan ci ha citato in quattro, e di quei quattro io sono l’unico vivente. Forse lui non lo sa. E spero che nessuno glielo vada a dire».

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