
Erdogan e Putin fanno sul serio. Nel calderone della stupefacente (ma non per tutti) e improvvisa alleanza tra il nuovo zar e l’ex Sublime Porta bollono un sacco e una sporta d’ingredienti. Il principale (per i turchi) è un bel muro di calcestruzzo contro cui portare a sbattere i curdi. E’ la fissazione di Ankara e Mosca, pur di mettere gli americani all’angolo, è pronta a esaudire questo pio desiderio del sultano.
I primi venti ciclonici già cominciano a soffiare con violenza. Erdogan ha imposto a Masoud Barzani (Presidente del governo autonomo curdo-irakeno) di chiudere di gran corsa un ufficio di rappresentanza, a Irbil, del “nemico” Fethullah Gulen. Contemporaneamente, con la scusa di combattere l’Isis, truppe turche entreranno presto in Siria da nord (con copertura aerea di Mosca) e, quasi sicuramente, andranno a caccia delle milizie curde-siriane che si muovo nella regione.
Il timore è che Erdogan possa essere tentato di chiudere i conti anche con i curdi-irakeni (che hanno un esercito di 150 mila uomini), entrando in rotta di collisione con Washington e tirandosi appresso i nuovi “amici” russi. Insomma, grattacapi, vecchi e nuovi, per gli Stati Uniti e la fragile coalizione anti-Isis.
La nuova strategia
di un fronte anti-curdo
Fino a che punto si spingerà Putin, che pare pronto a gettare i curdi ai lupi, come dicono gli analisti mediorientali? Non si sa, anche se qualcuno azzarda che l’intesa con i turchi è un primo monito rivolto a Hillary Clinton che già straparla di “nuova guerra fredda”, manco fosse già il nuovo Presidente.
Riflessioni? La globalizzazione ci ha regalato un mondo sottosopra, che non finisce mai di rivoltarsi su se stesso. Ogni giorno che passa. I politicanti occidentali, abituati alla diplomazia dei tempi quando Berta filava, non se ne sono accorti. Pensano che il giocattolo funzioni come trent’anni fa e che davanti a un problema ci sia sempre il tempo di organizzare una “unità di crisi” o di creare la millantesima commissione.
Ci sediamo o non ci sediamo su quel divano? E intanto qualcuno si è già portato a casa la sala da pranzo con tutti i soprammobili. Rendiamo l’idea? Oggi in politica internazionale c’è un gap generazionale che si traduce nell’incapacità di cogliere “l’attimo fuggente”. La realtà non è frutto di razionalità geometrica, ma di complessità logaritmica.