
Il direttore generale della Rai Campo Dall’Orto di solito non si spiega e, da oggi certamente, non convince. Messa per legge nell’angolo la ben pagata inutilità della presidente Maggioni, impone delle nomine alcune delle quali, per chi ha storia e mestiere Rai di un certo spessore, fa inorridire, o solo sorridere. Noi sorridiamo perché ciò appare stupidità oltre il livello delle appartenenze politiche. Un tempo le scelte lottizzatorie erano fatte sulla base di atti di fede (politica): oggi valgono speranza e carità. La lottizzazione dei funghi nati per caso: sotto quale albero è spuntato quello, o quella? Le folli appartenenze in conto di chi e per cosa? Ridicoli.
I nuovi direttori
I nuovi direttori decisi dalla stretta maggioranza di consiglieri Rai espressi dall’attuale governo sono, Ida Colucci al Tg2 (al posto di Marcello Masi), Luca Mazzà al Tg3 (al posto di Bianca Berlinguer), Andrea Montanari al Giornale radio (al posto di Flavio Mucciante), Nicoletta Manzione a Rai Parlamento (al posto di Gianni Scipione Rossi).
La direzione generale è andata avanti nonostante il difficile clima registrato nella notte tra mercoledì e giovedì in commissione di Vigilanza e nonostante le critiche politiche registrate in Forza Italia, nella Lega e nella stessa sinistra del Pd.
L’opposizione in Consiglio -Freccero proviene dalla sinistra ed espresso dal Movimento 5 Stelle, Diaconale e Mazzucca legati al centrodestra- svela un clima trasversalmente complesso.
La bugie di Campo Dall’Orto
«Il Direttore generale aveva annunciato in pompa magna: prima il progetto, dopo le nomine. E solo pochi giorni fa aveva detto che non era il momento di intervenire sulle direzioni». L’Usigrai due giorni fa. Infatti.
Era meglio quando andava peggio. Ricordava l’Usigrai come il piano 15 dicembre fu discusso per mesi, anche in Vigilanza, con tanto di audizioni. «Perché oggi si accetta una passerella?».
«Dg e presidente – concludeva la nota – spieghino alla Vigilanza perché hanno disatteso l’impegno a procedure pubbliche e trasparenti per la nomina dei direttori, come da regole unanimi decise dalla vigilanza stessa».
Amicizie anche politiche oltre che personali da rivedere in Consiglio Rai e in Parlamento.
Il Re è nudo e la Rai in mutande
«È chiaro che esisteva solo la necessità di occupare nuove poltrone. Non cadremo nella trappola di parlare di questo o quel direttore. Quello che ci interessa è che si chiamino le cose con il loro nome: occupazione di posti e pura lottizzazione. Questo è stato deciso dal Direttore generale e votato oggi, per di più a maggioranza, dal Cda della Rai».
«E a poco vale che la scelta dei nuovi direttori sia ricaduta su giornalisti già in forze all’azienda. La scelta di interni, più volte da noi chiesta, non ci fa cambiare idea: noi abbiamo sempre detto che volevamo prima un progetto, per poi individuare i profili adatti»
«Da oggi perlomeno – concludono Fnsi e Usigrai – è svelato pubblicamente il bluff di chi, al vertice dell’azienda come in Consiglio di amministrazione, è arrivato come sedicente innovatore e si è rivelato per quello che è: conservatore, reazionario, come nei momenti più bui della Prima Repubblica».