Nello splendido mestiere che ho avuto la fortuna di fare, il giornalismo di un tempo che fu, le tragedie e le guerre di piena estate erano le disgrazie contro cui fare novene e scongiuri, salvo essere giovanotti /giovanotte ansiosi di mostrare la propria bravura rispetto a già affermati colleghi in ferie. Da parte mia, ora, il tentativo di alleggerire il peso di tante gravi tragedie che sembrano essersi concentrate in questo recente tratto d’estate. Anche perché il meritato riposo e un po’ di serenità sono tra i diritti e le necessità umane che tutti vogliamo difendere contro Isis e contro tutti. Tentativo di leggerezza almeno nei toni, parlando comunque di cose serie.
Parlare dell’impegno di chi deve, anche in queste vacanze d’agosto, garantire non soltanto la serenità, ma anche la vita. Parto dal mio mestiere per poi sfiorarne altri. Un dì, il 15 agosto, si celebrava il rito augusteo di piaggeria pro ministro degli interni, con la sua visita a tutte le forze di polizia, vigili del fuoco e presìdi di sicurezza vari. Formalmente per ringraziarli, in realtà, a rompere la scatole e incassare una comparsata in tv. Quando ancora mi occupavo di cronaca italiana, ritenevo il pezzo di ferragosto la più aspra prova d’esame per un giovane. Se riuscivi a non ripetere banalità ritrite, allora eri davvero bravo. Per questo Remocontro ha tra i suoi autori una eccellente specialista negli ‘arzigogoli’ nobilitanti per il Tg1 di un tempo di cui non faccio il nome per timore di ritorsioni personali.
Poi arrivano le estati maledette di tragedie e crisi internazionali. Male chi c’è, peggio per chi non c’è e non può fare a meno di esserci. Penso a presidenti o ministri o capi di forze di polizia o sicurezze varie. Partiamo da chi deve esserci e delle sue vacanze ridotte a brandelli. C’era una leggenda nella vecchia Rai, leggenda in carne e ossa perché è vivo e in buona salute: Demetrio Volcic, voce e volto storico della Rai dalla Mosca dell’allora tenebrosa Unione Sovietica. Volcic meriterebbe un libro, lui che di libri ne ha scritti molti. In una riga il personaggio da favola: nasce sloveno, si fa pubere in italiano, è adolescente al liceo tedesco, pratica il russo e tutte le lingue jugoslave, ed ovviamente amoreggia in inglese e francese con il resto del mondo. Un problema per gli editor dei suoi libri, pensati in vero esperanto.
Ma perché Volcic oggi? Perché Volcic era leggenda ‘attenzionata’ (termini professionali!) dal Kgb sovietico morente (e dai suoi avversari, ovviamente). Ogni volta che Volcic partiva per le ferie, a Mosca succedeva un macello. Ad esempio il tentato golpe contro Gorbaciov, prima della disgregazione della baracca. Ma furono molte le occasioni precedenti ripetute, a cadenza annuale, a creare la leggenda. Tanto da inventare l’ipotesi di un volo diretto Mosca-Stintino, linea per spie e reporter in vacanza a preveggenza sbagliata nella splendida Sardegna. Demetrio, se per caso mi leggi da qualche imprecisata parte del mondo, aiutami a ricordare e scrivi. In lingua italiana, possibilmente. Ovviamente, avrete capito che a Volcic voglio un bene dell’anima, nonostante i suoi 9 mesi da direttore del Tg1. Poi nacque ‘Rossella2000’, e fu telerotocalco.
Volcic, leggenda della vacanza sbagliata, e mille altri innominati dalle vacanze rovinate dalle troppe tragedia nel mondo. Neppure fosse colpa loro sia il terrorismo sia le ferie della moglie. Ma adesso passiamo alla disgrazia opposta, quella che colpisce chi è costretto ad intervenire nella disattenzione vacanziera dei più. Parto sempre da fatti personali, come impone un editoriale vacanziero. La mia ultima guerra vera raccontata dal campo di battaglia. L’attacco di Israele contro gli Hesbollah in Libano, 2006, tra luglio e agosto. Mi ricordo, non più giovanotto, a dormire per terra in case di fortuna a Tiro città, e sotto tiro, al centro del bersaglio e della terra contesa. Gli israeliani quando picchiano, picchiano duro e, da vecchio balcanico, viene da dire ‘Milosevic era un tesoro’.
Per la storia, quella fu praticamente la sola guerra persa da Israele. Per la cronaca, quei miei reportage, sofferti dal campo di battaglia, non li ricordano neppure i miei parenti stretti che avevano ben altro di meglio da fare e da guardare allora. Memorie da ‘come eravamo’ con cui infastidire i nipoti. Infine un dettaglio per mescolare narratori e operativi sul campo dell’avventura. Da Tiro, Libano, sotto minaccia di invasione israeliana sul fiume Litani, a tagliare il sud del Paese col confine di casa verso Gerusalemme. La squadra Rai, auto a noleggio presa a Beirut, senza più strade possibili da percorrere, e forti preoccupazioni sul futuro. Ricordo di aver chiamato una persona amica all’interno di una istituzione per la sicurezza per chiedere da quale parte potevo sperare di essere ‘esfiltrato’ (altro termine tecnico). Non vi dico la risposta altrimenti capite troppo. Per fortuna non ve ne fu bisogno e anche quella brutta guerra finì.
Ora basta, perché il sugo di tante parole apparentemente lievi e spesso ridanciane è un altro. Dirvi della difficoltà nel coniugare attenzione massima e normalità quotidiana, vacanze agostane comprese. Quindi un omaggio a chi ci sta provando con il massimo impegno e ancora più ingrata fatica, sbirro o spia o addetto al controllo dell’ultimo metal detector dell’ultimo aeroporto del mondo. E un omaggio anche a chi cerca di raccontare ciò che accade senza nascondere nulla e assieme senza turbare oltre il dovuto quello spazio di riposo e vacanza che fa parte dei valori condivisi e difesi anche dal nano Remocontro nella nostra società.
A cercare uno slogan, per concludere col sorriso, «Viva le vacanze libere in sicurezza, ma non per tutti!».