
Papa Francesco parla sempre chiaro e non gira attorno ai problemi.
«Si parla tanto di sicurezza, ma la vera parola è guerra».
Torna la efficace ma paurosa immagine della terza guerra mondiale, ma a pezzi.
«C’è stata la guerra del 1914 con i suoi metodi, poi la guerra del ’39-’45, l’altra grande guerra nel mondo, e adesso c’è questa.
Non è tanto organica forse, organizzata sì, non organica, ma è guerra.
Non è guerra di religione ma di interessi, per i soldi, per il dominio dei popoli».
Il papa latinoamericano nel sud della Polonia, roccaforte della Chiesa cattolica, in un Paese dove la religiosità sta esprimendo integralismi, razzismi, anti semitismo e negazioni clamorose di solidarietà nei confronti di profughi e migranti.
La chiesa di Radio Maryja che sostiene l’attuale governo di xenofobo di destra a confronto con la Chiesa del giubileo della Misericordia.
Un viaggio che, sicurezza a parte, presenta per papa Bergoglio sfide sostanziali.
Parlare d’integrazione in una Europa che sembra dimenticare le sue origini, e una Chiesa locale che non sempre si è trovata in sintonia con la predicazione del papa latinoamericano.
Se dalla sicurezza come problema pratico si guarda alla riflessione sull’orrore della violenza assurda di questi giorni, una ulteriore sfida per il primo papa non europeo davanti alla tragedia di Auschwitz, dove i nazisti sterminarono in modo sistematico e pianificato almeno un milione e mezzo di uomini, donne e bambini, per la maggior parte ebrei.
Dai timori sapientemente nascosti di Cracovia, con tutto l’apparato di sicurezza di quel Paese, e non solo, mobilitati, alla strumentalità politiche attorno ai fatti che colpiscono il mondo.
In Francia la destra attacca il governo sulla sicurezza, e in Germania i democristiani propongono la Guardia nazionale
In Italia, il Giornale e Libero, fogli del populismo italiano, hanno titolato: «Hanno sgozzato dio», «Occhio, ti sgozzano in chiesa». Richiamo all’occhio per occhio, all’equazione migranti terroristi.
Pensare che i preti ammazzati in chiesa non sono pochi e non erano sino a ieri omicidi jihadisti.
Sul Manifesto, Di Tommaso ricorda Don Diana, che venne ucciso dalla camorra in Italia.
E padre Romero, ucciso dagli squadroni della morte dell’estrema destra legata agli interessi statunitensi in Salvador.
Papa Bergoglio, che certo ha consapevolezza di essere bersaglio, non fa sconti e alza anzi il livello della sfida sui contenuti.
Ogni atto di terrorismo non può essere confuso con l’idea di una guerra in nome di Dio. Né può, tantomeno, corrispondere alla chiamata ad una nuova guerra, che il papa non ha esitato a definire «maledetta».
Come accadde nell’autunno del 2013 quando invitò alla preghiera contro l’ipotesi di azione militare che gli Stati uniti erano pronti a far scattare contro le armi chimiche usate in Siria.
Guerre senza pietà, per il dominio della regione mediorientale. Non per Dio. Per nessun Dio.