L’emarginazione che emula il Califfo e produce stragi

Emulazione. Potrebbe essere questa la parolina, “magica” e rabbrividente al tempo stesso, che spiega il dilagare di una violenza cieca e sanguinaria, sbrigativamente etichettata come “terrorismo” e che invece è “stragismo”. La gente, smarrita, non ci capisce più niente e si chiede dove andremo a finire di questo passo.
Ma, quel che è peggio, sono soprattutto i governi a sembrare frastornati da un’ondata di attentati che a volte non pare avere alcuna logica.
La Germania è stata presa alla sprovvista, il che è tutto dire.

E’ bastato un esaltato-emarginato, inventatosi “angelo vendicatore” di chissà quale nevrosi ossessiva, per paralizzare una città come Monaco di Baviera, seminare il panico e ammazzare una decina di persone.
L’origine etnica dell’attentatore (iraniana) è stata sufficiente per far dire a un battaglione di “esperti de noantri” un sacco e una sporta di baggianate.
Gli iraniani sono sciiti e non sono arabi. Ergo, ci pare alquanto difficile che chi ha sparato lo abbia fatto in nome e per conto dell’Isis sunnita.

Il che, visti i fatti, non è esattamente una buona notizia, perché dà la misura di quanto il “Califfo” tiri in termini di “modello” e di quanto i servizi di sicurezza occidentali brancolino nel buio.
Si sta verificando quello che temevamo: una mortale saldatura tra guerre di religione, emarginazione sociale e spirito di vendetta contro le istituzioni.
Tutto quello che non era stato al Qaida, diretta filiazione della famiglia reale saudita.

La violenza propagandata dall’Isis rischia invece di far proseliti anche tra i “non-jihadisti” e i diseredati o, almeno, anche tra gli esponenti “borderline” di una cultura diversa, difficile da integrare.
È quello che abbiamo definito come il “Terrorismo delle Banlieues”, per spiegare come mai il fenomeno sia particolarmente sentito in Francia.
E sembra di trovare un fianco scoperto, scopertissimo, tra le teste d’uovo dell’Intelligence occidentale.

Il vero pericolo non appaiono i “migranti” (almeno per ora) che arrivano a centinaia di migliaia dal Sahel o dal Vicino Oriente.
No, sembra piuttosto che a imbarcarsi più facilmente tra le truppe del “terrorismo” (o del “para-terrorismo”) siano i residenti di origine straniera, anche di terza generazione.
E, soprattutto, i “foreign fighters”, quelli che (francesi, inglesi, tedeschi di passaporto) sono andati a combattere in Siria e Irak per l’odio e le rivendicazioni che hanno contro i Paesi che li ospitano.
In questo senso, Allah, quando c’è, diventa più un alibi che il vero fine del loro “martirio”.

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