
Memoria delle ferite di ieri e due clamorose novità
1) Il 31 maggio 2010, una flottiglia di attivisti pro-palestinesi, la Freedom Flotilla per Gaza con a bordo 610 persone fra cui 44 tra parlamentari e politici, il Premio Nobel per la pace Mairead Corrigan e aiuti umanitari tenta di violare il blocco di Gaza ma stata intercettata da forze navali israeliane nelle acque internazionali. A bordo della Mavi Marmara, in uno scontro con le forze speciali israeliane, nove attivisti turchi vengono uccisi dal commando israeliano.
2) L’accordo tra Israele e Turchia “avrà implicazioni immense per l’economia israeliana ed è un passo importante”: così il premier Benyamin Netanyahu a Roma, a margine del secondo incontro con il segretario di Stato Usa, John Kerry. Il capo della diplomazia statunitense si è congratulato con il premier per l’intesa con Ankara, definita “positiva”, ricordando anche il sostegno e l’impegno di Washington per il riavvicinamento tra i due Paesi.
3) Il presidente Vladimir Putin ha ricevuto una lettera di Recep Erdogan in cui il presidente turco chiede “perdono” alla famiglia del pilota russo morto in seguito all’abbattimento del jet Su-24 e si dice pronto a “qualsiasi iniziativa” per alleviare il danno arrecato e ripristinare i rapporti fra Russia e Turchia. Lo fa sapere il Cremlino attraverso una nota stampa. Erdogan sottolinea inoltre che è in corso un’indagine giudiziaria contro un cittadino turco “connesso alla morte del pilota russo”.
Media turchi avevano anticipato l’annuncio di Netanyahu a Roma. Ankara e Tel Aviv avrebbero trovato un accordo al 95%, dopo il lungo contenzioso di maggio 2010, quando un commando israeliano uccise 9 persone durante l’assalto alla nave ‘Mavi Marmara’ della Freedom Flotilla che tentava di rompere simbolicamente l’assedio alla Striscia di Gaza.
Ora è la certezza.
Indefinite, per quanto noto, ancora diverse questioni. Una intesa sul problema palestinese in merito al quale le posizioni dei due Paesi risultano distanti.
Israele chiede da tempo la chiusura degli uffici di Hamas in Turchia, cercando l’isolamento del movimento islamico tra le fila dell’asse iraniano.
La Turchia chiede per Hamas l’apertura di un passaggio privilegiato da Gaza per completare la costruzione di un ospedale senza ostruzione israeliana.
In merito, Israele potrebbe consentire l’utilizzo del porto di Ashdot.
In questo contesto, il premier turco, Benali Yildirem, annuncia la nuova policy estera della Turchia che punta ad avere “più amici e meno nemici” in modo da evitare critiche e pressioni da USA, UE e Russia.
Una parziale retromarcia della aggressività perdente dell’autoritario presidente Erdogan.
Ma restano ancora molte le differenze tra Ankara e Washington e Mosca sulla posizione turca in Siria.
Sin dall’inizio dell’intervento russo in Siria, il presidente Erdogan ha dovuto accettare la permanenza di Bashar Assad durante la “fase di transizione”, ancora non stabilita a causa del recente fallimento di “Ginevra tre”.