Londra-Bruxelles gioco a rimpiattino sul divorzio

Angela Merkel, Francois Hollande e Matteo Renzi, riuniti a Berlino, a fare gli avvocati matrimonialisti dell’Europa al divorzio. A chi tocca chiedere formalmente il divorzio? Tocca alla fedifraga Gran Bretagna che c’ha tradito, dicono i tre per far finta di essere d’accordo. Qualcuno che ha più fretta degli altri nel voler interrompere un matrimonio infelice, obietta che la traditrice tirerà la pratiche di divorzio alla lunghe per trarne il miglior vantaggio. Forse, ma cosa fare?

Non si sa. Proviamo a fare gli offersi, deve aver proposto uno dei tre. “Nessun colloquio formale o informale con Londra prima che la Gran Bretagna presenti richiesta della procedura di divorzio”, il famigerato articolo 50 del Trattato. Insomma, deciderà la fedifraga Albione e suo comodo e piacimento. Ma non era nostro interesse decidere subito sulla separazione dei beni e alimenti vari?
Letto così non sembra un gran vertice quello di ieri a Berlino.

Come da sommario dunque, il vertice a tre di Berlino si chiude con un nulla di fatto. Hollande e Renzi spingono per l’uscita immediata di Londra dalla Ue. Merkel frena e lancia un assist a Londra, che chiede tempo per attuare la Brexit a sua migliore convenienza. Cameron sul Titanic che sta affondando cerca di guadagnare tempo anche per la successione interna nel partito conservatore. Il Labour nel caos per un campagna europeista floscia come un pudding. L’incertezza aumenta le paure e favorisce le speculazioni sui mercati. Nuovi crolli nelle Borse. Il peggiore a Milano

Concorde disaccordo
«No negotiation before notification», ripetono a Bruxelles. Nessun negoziato prima della notifica da parte di Londra che avvierebbe formalmente l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona.
Trucco tecnico linguistico per fingersi d’accordo avendo tre posizioni diverse. La chiamano diplomazia.

Quelli del Fuori subito
I Paesi che Puntano a dare un segnale forte, a far capire che non è così semplice andare via dall’Ue. Il loro obiettivo è anche quello di prevenire eventuali altre richieste di referendum in altri Paesi. Tra di loro ci sono, per esempio, francesi e belgi che qualche problemino in casa di potenziale referendum (Le Pen), o separatismi nazionali (Valloni-fiamminghi) li hanno.

Quelli del dare tempo
I Paesi che sperano di trovare una soluzione intermedia, una mediazione tra il legittimo riconoscimento della volontà del popolo britannico e la concretezza delle possibili conseguenze negative di una Brexit. Sotto sotto, sperano che Londra sia in grado di trovare una soluzione interna e dunque evitare l’uscita vera e propria. Tra questi c’è sicuramente la Germania.

Quelli del non si sa mai
La terza fazione viene descritta su La Stampa come un sottoinsieme delle prime due, e le contagia entrambe: Paesi che hanno la sensazione che i britannici potrebbero non chiedere mai il divorzio, e per questo lasciano un po’ di spazio, un po’ di ossigeno a questa speranza. Ammettendo che l’attesa del forse non sia più micidiale del divorzio stesso.

Il dannato articolo 50
Ai tempi del tentativo abortito di dare all’Unione una Costituzione, fu il britannico Sir John Kerry a imporre l’articolo 50 contro la volontà della maggioranza. Già allora volevano una via d’uscita. Il tedesco Elmar Brok, oggi presidente della commissione Esteri del Parlamento europeo, lo osteggiò a lungo. Vistosi sconfitto, si concentrò a rendere il divorzio dall’Ue «più complesso possibile».

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