Palestinesi in battaglia contro Isis, ma Israele ci cova

Putin, Obama, Israele,Gli scenari bellici in Siria (e Irak) cambiano tre volte in un giorno, come quelle ventose mattinate di marzo, in cui il sole si alterna a scrosci di pioggia, per poi tornare a brillare. In certe occasioni non sai mai come vestirti e se trascinarti appresso un ingombrante ombrello. Trasposto sul piano diplomatico è (quasi) la stessa cosa: arranchi appresso agli avvenimenti e non sai come ti butterà fra un paio d’ore.

Questa volta da Gerusalemme arriva la notizia che non t’aspetti: forze palestinesi (sunnite) sono entrate per la prima volta in battaglia, sul terreno siriano, per combattere assieme alle milizie di Hezbollah (sciite) contro le brigate del “Califfo” (sunnite). Insomma, un sorprendente guazzabuglio. Ancora più inaspettato perché i palestinesi starebbero appoggiando Assad assieme agli (ex) odiati Hezbollah.

I gruppi d’assalto sarebbero entrati in azione dalle parti di Deir-er-Zor, Valle dell’Eufrate, Siria Orientale. Cioè a centinaia di chilometri dalla Palestina. Per il trasporto sono intervenuti gli elicotteri della governativa Syrian Air Force. Non è proprio una brutta notizia per Israele, la cui Intelligence rivela che i palestinesi fanno parte della brigata al-Jaleel, formazione addestrata dagli iraniani per compiere (dicono loro) attentati in Terra Santa.

Sorpresona? Fino a un certo punto. E’ invece il risultato del clamoroso avvicinamento tra Putin e Netanyahu. Il leader russo, ritenuto da molti esponenti dell’establishment israeliano più affidabile di Obama, avrebbe infatti garantito di far cessare gli attacchi terroristici condotti dai palestinesi addestrati da istruttori siro-iraniani. Detto fatto. Senza troppe cerimonie, i miliziani destinati a mettere bombe a Tel Aviv sono stati riciclati e trasferiti per continuare a mettere sempre bombe. Ma questa volta sotto la sedia del “Califfo” e dei maggiorenti dell’Isis.

Giunti ad al-Qusour, nell’est della Siria, i palestinesi sono stati immediatamente e senza troppe cerimonie spediti in battaglia contro i tagliagole dello Stato Islamico. Diversi ci avrebbero già rimesso le penne, secondo l’Intelligence israeliana. L’operazione fa parte di un repentino cambio di strategia, da noi già ampiamente annunciato, che prevede l’impiego di Hezbollah al confine tra Siria e Irak, per impedire ai “califfi” di spedire truppe e rifornimenti verso Raqqa.

Non solo. L’impiego degli sciiti di Hezbollah, così lontano dalle loro basi libanesi, è da mettere in connessione con gli attacchi portati dalle milizie sciite irakene a Falluja. Con un’ampia manovra a tenaglia, gli sciiti di Popular Mobilization Forces e quelli delle Brigate Badar si congiungeranno con Hezbollah a formare una sacca in cui si spera di sigillare le unità del “Califfo”.

L’attacco è stato studiato in una recentissima riunione a Teheran tra russi, iraniani e governativi siriani. Una copia del piano è stata sottoposta a Obama, che ha immediatamente approvato il progetto dando ordine che l’Us Air Force sostenga l’offensiva degli sciiti irakeni. A quelli di Hezbollah ci pensa, abbondantemente, già l’aviazione di Putin.
Fonti “bene informate”, evidentemente in possesso dei dettagli del piano, hanno rivelato che Hezbollah si sta ritirando da Aleppo per concentrarsi intorno alla nuova testa di ponte di Palmyra. L’obiettivo è puntare su al-Sukhna (63 chilometri a sud) per tagliare in due l’autostrada M20, isolando ulteriormente tutta la regione di Aleppo, chiaramente col fine di far cadere l’Isis “per strangolamento”.

Lo svolgimento dell’operazione conferma come gli Stati Uniti di Obama e gli Hezbollah dell’ex sceicco del terrore, Hassan Nasrallah, possano ormai considerarsi di fatto “alleati”.

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