
Vittoria schiacciante, inattesa e decisiva, quella di Hillary in California, raccontano sull’Ansa Claudio Salvalaggio e Anna Lisa Rapanà. Vittoria nello stato più popoloso, ricco e culturalmente influente degli Usa. E il bersaglio più grosso, con i suoi 475 delegati, di questo ultimo ‘super martedì’ delle presidenziali. Per Hillary la conquista di una storica nomination, la prima di una donna nei 240 anni della democrazia americana.
La Clinton ha dato una convincente dimostrazione di forza seppellendo definitivamente le velleità di Bernie Sanders per un improbabile un ribaltone alla convention di luglio, con un cambiamento di fronte dei superdelegati. Hillary ha vinto non solo in California ma anche in tre degli altri cinque Stati chiamati al voto, New Jersey, New Mexico e South Dakota, cedendo a Sanders solo il Montana e il North Dakota.
Un finale di partita che non lascia adito a dubbi, tanto che già nella serata di ieri il presidente Obama, ormai prossimo a dichiarare il suo sostegno all’ex segretario di stato, ha telefonato ad entrambi sfidanti democratici per unire ora il partito. Mediazione non facile. Sanders, pur ribadendo di voler impedire l’elezione di Donald Trump, ha annunciato che la sua lotta continuerà sino alle ultime primarie, ad ottenere qualche concessione a sinistra dalla moderatissima Clinton.
A caccia dei suoi voti, molto più dispobile ora Hillary Clinton. Che si è complimenta con Sanders per aver portato al voto milioni di nuovi elettori, soprattutto giovani, per “il dibattito vigoroso sulle ineguaglianze”. Mentre l’ex first lady ha sferrato anche un nuovo attacco al “divisivo” Trump, “caratterialmente inadatto a fare il presidente e il commander in chief”. Ed è iniziata anche dialetticamente la vera partita. Con Trump che parte subito con il suo stile non esattamente elegante.
Ed Hillary diventa, “estensione dei disastri di Obama”, colei che ha “trasformato il dipartimento di stato nel suo ‘hedge fund’ privato”. E contro i due Clinton, che avrebbero “trasformato la politica dell’arricchimento personale in una forma d’arte per se stessi”. Il tycoon ha promesso altre accuse contro l’ex coppia presidenziale lunedì prossimo ma per ora appare in difficoltà, certo in casa repubblicana ma non soltanto
Anche se nel suo ‘super martedì’ ha vinto i sei stati con percentuali sopra il 67%, nel partito sta crescendo la protesta per le sue dichiarazioni contro il giudice messicano dell’inchiesta contro la sua università. Commenti definiti “razzismo da manuale” dallo speaker della Camera Paul Ryan, che sta facendo acrobazie per non spaccare il partito. Ma alcuni governatori e senatori già hanno annunciato che non voteranno più per il magnate.
Non sarà una bella sfida.