
Una sorta di ‘mini wikileaks’ ambientalista. 248 pagine di documenti riservati, che riguardano alcune questioni come il cibo, i cosmetici, le telecomunicazioni, i pesticidi e l’agricoltura. Lo rivelano alcuni documenti diffusi da Greenpeace e pubblicati dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung.
Per i sostenitori del Ttip, il trattato farà nascere la più grande area di libero scambio al mondo, creando nuovi posti di lavoro. Per le associazioni e i movimenti che si oppongono al trattato, il Ttip è il risultato delle pressioni delle multinazionali per tutelare solo gli interessi delle aziende, a danno di quelli dei lavoratori e dei consumatori. In realtà, stando a quanto si legge nei documenti diffusi da Greenpeace, le trattative tra Stati Uniti ed Europa sono in una fase di stallo e le posizioni tra i due blocchi sarebbero molto distanti.
Il governo statunitense, per esempio, vuole che l’Europa superi il cosiddetto “principio di precauzione”, secondo cui un prodotto può essere ritirato dal mercato se scientificamente non è provato sicuro. Sotto tiro gli organismi geneticamente modificati,ritenuti da alcuni pericolosi per la salute. Greenpeace denuncia che manca qualsiasi riferimento alle emissioni di Co2 previsto dal patto sul clima di Parigi. Per ritorsione gli Stati Uniti hanno minacciato di bloccare l’alleggerimento delle norme sull’importazione di auto europee per far comprare più prodotti agricoli statunitensi.
Questo e molto altro. Decisioni che, se e quando arriveranno alla loro formalizzazione, peseranno sulla vita di quasi un miliardo di persone, cancellando gran parte delle conquiste fatte in tema di diritti sul lavoro, welfare, ambiente, clima. L’americanizzazione definitiva dell’Europa. I sostenitori del Ttip parlano di «liberalizzazione» del mercato internazionale, necessario per stare al passo con i tempi, cercando di rendere «armonioso» il mercato internazionale, ma nel segreto assoluto, senza alcuna possibilità per la società civile di conoscere e farsi sentire.
Trattative segrete in cui le multinazionali, al contrario di tanti altri, hanno invece voce in capitolo e completa conoscenza di quanto si sta decidendo. I documenti pubblicati da Greenpeace mettono in evidenza quattro rischi in caso di chiusura dell’accordo: 1) la scomparsa delle tutele ambientali che consentono agli stati di regolare il commercio «per proteggere la vita o la salute umana, animale o delle piante» o per «la conservazione delle risorse naturali esauribili». 2) C’è poi «la mancanza di alcun riferimento alla protezione del clima»; 3) fine «del principio di precauzione per l’introduzione di sostanze pericolose come quelle chimiche»; 4) apertura all’ingerenza di industria e multinazionali.
La Commissaria al Commercio Ue, Cecilia Malmstrom, sul suo blog prova a liquidare i leaks come una «tempesta in un bicchier d’acqua», sostenendo che il Ttip «non affosserà il principio di precauzione che differenzia l’approccio normativo dell’Unione europea da quello statunitense» e che si tratta di testi negoziali e quindi non definitivi.
Ma secondo Greenpeace i termini non sarebbero questi: «I documenti segreti resi noti oggi non fanno menzione del principio di precauzione sancito dall’Unione europea, che fornisce un più elevato livello di protezione per consumatori e ambiente».
Di sicuro non si tratta di testi definitivi, ma indicano pur sempre un’intenzione molto forte da parte di Usa e multinazionali riguardo i propri «vantaggi» da ottenere con questo tipo di accordo.
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato di voler concludere l’accordo prima della fine del suo mandato. Alla conclusione dei negoziati, il progetto dovrà essere approvato dai 28 governi dell’Unione europea, dal parlamento europeo e dai 28 parlamenti dei paesi dell’Unione, che potrebbero anche indire dei referendum. Il trattato riguarderà il 40 per cento del giro d’affari del commercio mondiale e si applicherà ad ambiti molto diversi, sottoposti a legislazioni disomogenee, dal mercato culturale a quello alimentare. Più di due milioni di cittadini europei hanno firmato una petizione che chiede di fermare le trattative.