Le tentazioni nucleari nascoste (ma non troppo) del governo

Non solo petrolio nell’agenda politica di Matteo Renzi. Ma ora rispunta anche l’incubo del nucleare, soprattutto dopo che l’Europa ha deciso di multare il nostro paese, perché il governo non ha fatto i compiti a casa, consegnando con oltre sei mesi di ritardo il programma nazionale per la gestione delle scorie radioattive.

In verità pare che l’esecutivo non abbia idea dove costruire un deposito per la spazzatura atomica. O forse a Palazzo Chigi lo sanno bene, visto che un documento con le aree papabili circola ormai da mesi; ma con le elezioni alle porte e la riforma costituzionale a fine estate, il tema è bollente. Meglio lasciarlo raffreddare un po’.

Secondo alcune malelingue però, la questione sarebbe più complessa. Tanto che qualcuno sospetta che ci sia invece la nascosta volontà di riaprire la partita del nucleare in Italia. Eredità politica dell’ultimo governo Berlusconi? Sembra passata una vita. In realtà se ne discuteva solo cinque-sei anni fa.

Ma per raccontare questa storia dobbiamo prima presentare alcuni suoi protagonisti. Molto vicini al Presidente Renzi. Vediamo chi sono.

Il primo si chiama Pietro Maria Putti. Recentemente è stato nominato dal governo nuovo presidente e amministratore delegato del Gestore dei Mercati Energetici (Gme), ovvero la struttura da cui transitano tutti i contratti di acquisto e vendita di energia in Italia.
Putti è professore associato di Istituzioni al diritto dell’impresa, con competenze nel settore del diritto dell’energia. Ma non è un docente qualunque: dal 2010 al 2014 è stato vicepresidente dell’Ain, l’Associazione Italiana Nucleare, che si occupa di diffondere la cultura nuclearista in Italia.

Il secondo si chiama Giuseppe Zollino. Anche lui è un professore universitario e insegna Tecnica ed Economia dell’Energia, ma anche Impianti nucleari a fissione e fusione all’Università di Padova. Zollino è stato anche nominato dal governo Presidente della Sogin, la società di stato incaricata di smantellare le centrali nucleari e della costruzione del nuovo Deposito nazionale per stoccare le nostre scorie radioattive.
Nel 2010 il professore Zollino al Corriere del Veneto dichiarava: “In Veneto ci sono siti idonei per la costruzione di una nuova centrale nucleare”. Altro che smantellamento.

Il terzo si chiama Federico Testa, un altro professore: insegna Economia e gestione delle imprese a Verona. Ma Testa è anche ex deputato Pd e nel 2010 è responsabile per l’energia del dipartimento per l’economia del Partito Democratico. Quell’anno il professor Testa sostiene l’appello di 72 scienziati e imprenditori che chiedono al Pd di pensare ad un ritorno in grande stile del nucleare in Italia. Oggi Federico Testa è a capo dell’Enea, l’Agenzia che si occupa di sviluppo sostenibile e non di nucleare. A volerlo su quella poltrona è Federica Guidi, la ministra dimissionaria per il caso Total in Basilicata.

Ma Federica Guidi è anche la quarta protagonista della nostra storia, ed è forse la figura più importante. Renzi l’ha voluta a capo del ministero dello Sviluppo economico e da poche settimane è dimissionaria per il coinvolgimento del fidanzato nella lobby del petrolio: lui l’avrebbe sollecitata per avere il suo aiuto dalla sua posizione di ministro.
Nel 2008, alla guida dei Giovani imprenditori di Confindustria, Guidi sosteneva il programma nucleare dell’allora governo Berlusconi. A rivelarlo è un cable di Wikileaks: “L’Italia può tornare al nucleare, ha le competenze per farlo, dispone della necessaria forza finanziaria”, sono le parole pronunciate dalla Guidi a quel tempo.

Tutti e quattro i personaggi sono in qualche modo legati al governo Renzi. Uno di loro ha persino guidato uno dei ministeri più importanti. Tutti e quattro sono stati – lo sono ancora? – convinti sostenitori della rinascita dell’energia nucleare in questo Paese. Tre di loro sono tutt’ora a capo di tre importantissimi Enti pubblici che dovrebbero invece occuparsi a vario titolo dello sviluppo delle energie pulite.

A fermare lo sviluppo delle energie rinnovabili, denunciano le associazioni ambientaliste italiane, ci sono una serie di provvedimenti studiati proprio negli uffici guidati dai nostri protagonisti. A partire dalla riforma della bolletta elettrica e del mercato elettrico, ritenute a favore delle grandi lobby dell’energia fossile. Per finire col mancato ‘decommissioning nucleare’ (ovvero lo smantellamento delle centrali, che ci costa circa 300 milioni di euro in bolletta elettrica), che è quasi fermo perché è in corso uno scontro ai vertici della Sogin, la società di Stato che dovrebbe occuparsi di smantellare mettere in sicurezza i vecchi impianti atomici.

Ciliegina sulla torta, come abbiamo visto, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti nucleari è approdato a Bruxelles in ritardo. E impedisce e ostacola il percorso di chiusura del nucleare e messa in sicurezza della nostra spazzatura radioattiva.

Insomma, se da una parte il governo annuncia un glorioso sviluppo delle energie rinnovabili, dall’altra sembra strizzare l’occhio ai potenti dell’energia fossile e fissile che minano di fatto un vero potenziamento dell’energia pulita.

A proposito, le notizie delle ultime ore danno Enrico Testa come papabile a ricoprire la poltrona lasciata vuota da Federica Guidi allo Sviluppo economico. Ma chi è Chicco Testa? Un passato nel Pci, laureato in filosofia e dirigente di aziende. Negli anni ’80 è addirittura presidente di Legambiente, nota per le sue battaglie anti nucleariste.
Un nome in controtendenza ad allontanare sospetti ambientalisti maliziosi? Non proprio.

In tempi recenti Chicco Testa cambia radicalmente posizione e si schiera a favore della riapertura delle centrali nucleari. Lo scrive pochi anni fa persino in un blog di cui è il curatore, “Forum nucleare italiano”, nel quale mira a dimostrare come “quella nucleare sia una scelta necessaria per il paese”. Oggi Chicco Testa è presidente di Sorgenia e Assoelettrica, l’associazione di produttori di energia elettrica che comprende 120 imprese (responsabili di circa il 90% dell’energia prodotta in Italia).
Associazione lobbista? Un anglosassone non avrebbe dubbi.

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