Genova oltre il petrolio
tra disastro ambientale
e ricatto occupazionale

Scusate se insisto con Genova e l’inquinamento da petrolio, nonostante tutto il circuito mediatico, nelle sue varie forme, abbia annunciato che -garanzia da fonti ufficiali- la fase più acuta della minaccia ambientale sarebbe stata superata. Bravi, bene, ma..
Insisto perché Genova è la mia città, lasciata si, ma mai dimenticata. Insisto perché sono diffidente rispetto alle rassicurazioni che ci vengono fornire da autorità a tempismo rallentato e ad allarmismo variabile, a seconda della convenienza del momento.
Insisto da giornalista diventato tale alla ottima scuola genovese, io certamente tra i più scarsi, stupito per il dire e non dire nel definire la dimensione del disastro, in bilico tra la minaccia alla salute dei cittadini, il ricatto occupazionale e l’immagine negativa per la stagione turistico balneare che sta per aprirsi a ponente di Genova dove portano le correnti marine.

Prima questione. L’attendibilità delle cifre. Quanto petrolio è veramente fuoriuscito dalle tubature della Iplom? Dai pochi metricubi beffa del primo giorno alle 500 tonnellate che a 10 giorni dai fatti qualcuno ammette. E io a questo punto non mi fido per niente. Vogliamo scommetterci che scopriremo presto ben altri moltiplicatori per quel fiume di petrolio?
Non mi fido della Iplom e non mi fido di autorità politiche finite ai vertici regionali solo per stupidità altrui. Quale attendibilità dare all’autorità politica espressa dai cittadini quando non riesce ad imporre un minimo di chiarezza tra gli stessi tecnici soccorritori?
Quando le tensioni tra le diverse competenze (eterno pasticcio di fronte alle cosiddette calamità naturali sempre e soltanto innaturali) appaiono più mirate allo scaricabarile che all’assunzione di ruolo e responsabilità di comando.

Il ministero dell’Ambiente, dove, come, quando e perché mai ancora esiste, che col petrolio ha evidentemente problemi non solo politico referendari. L’illusione-inganno di fermare l’onda oleosa in discesa verso il mare lungo il Polcevera. ‘Dighe’ fatte con mezzo metro di terra a fermare cosa? Quando è noto a qualsiasi polceverasco, che bastano tre gocce di pioggia a far salire in quattro e quattr’otto il livello di quel torrente traditore.
Mentre le due navi anti-inquinamento ferme nei porti di Livorno e Civitavecchia sono state mobilitate solo dopo molti giorni dallo sversamento. Sottovalutazioni di partenza, e se si, da parte di chi? Insomma l’altalena irresponsabile di rassicurazioni e allarmismi, di volta in volta a demonizzare la versione opposta.
Ora è vincente la versione ottimistica del disastro, con l’improbabile Toti, senza doppia, che se la prende con gli ‘amministratori frignoni’. Vedremo se ha ha ragione o se è stato lui a nascondere qualcosa.

Poi noi della stampa. Gli ottimi colleghi dei due principali quotidiani cittadini, Il Secolo XIX (il mio primo giornale) e Il Lavoro-Repubblica. Bravi, puntuali, attenti, ma.. Il problema dell’equilibrio impossibile tra il rischio sottovalutazione e quello dell’allarmismo altrettanto nocivo.
L’equilibro forse è stato raggiunto nella media, nei dieci giorni di cronaca, anche se la cassa integrazione alla Iplom e la imminente stagione balneare del ponente, forse, hanno pesato più dei dubbi che si potevano sollevare da subito sulle versioni Iplom e di alcune autorità locali.
E a proposito di Iplom e di petrolio. Da sempre è esistito il ricatto occupazionale e da sempre lo stesso sindacato si è lacerato tra la denuncia possibile di verità scomode su trascuratezze dell’azienda e difesa dei posti di lavoro.
In tempi lontani, fine anni ’70, una inchiesta del Secolo XIX sulla Erg di Riccardo Garrone con doppia firma assieme a Mario Bottaro, ci procurò più grane che gloria. Ma insistendo, anche il fronte della paura e del ricatto si può vincere.

Noi tutti, cittadini di Genova in casa o nel mondo, cittadini italiani orgogliosi o scontenti e un po’ vergognosi, la verità su come sia potuto accadere il disastro a Borzoli preso come monito, su quali siano state le trascuratezze o le mancate cautele, prima o poi la vogliamo conoscere. Meglio prima che poi.
I fatti li vorrà conoscere la magistratura, certamente, e le assicurazioni, pronte a scannarsi per scaricare addosso a tutti noi i costi del disastro. Sarà lunga, sarà un percorso pieno di ostacoli e di trappole, ma non si dovrà mai demordere.
Noi opinione pubblica, voi colleghi attenti sulla cronaca di Genova e della Liguria, voi forze politiche e sociali sane che badate per prima cosa all’interesse reale e profondo dei cittadini. Ricordandoci tutti che, dai torrenti genovesi, già troppe colpe umane ci sono piombate addosso.

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