
Chernobyl, il peggior disastro con cui il genere umano si sia mai dovuto confrontare, legato all’incapacità di scienziati e ingegneri di prevedere come problemi apparentemente piccoli possano tramutarsi in disastri di scala quasi inimmaginabile. Chernobyl si trova in Ucraina settentrionale, poco più di 100 km a nord di Kiev, e se le radiazioni non si vedono, le conseguenze di quella tragedia sono ben visibili ancora adesso: tumori, leucemie, cardiopatie e malformazioni da queste parti sono una piaga fin troppo comune. I territori più colpiti sono quelli ucraini, bielorussi e di almeno due regioni della Russia occidentale.
«Le zone contaminate lo saranno ancora per decenni. Ci sono elementi che resistono anche per secoli», denuncia all’Ansa il presidente dell’Unione Chernobyl, Valeri Makarenko, uno dei primi reporter a mostrare in tv cosa rimaneva del reattore 4 dopo l’esplosione.
«Ma la cosa più importante è che dobbiamo tenere d’occhio lo sviluppo del nucleare: pare che il mondo non prenda seriamente le conseguenze di Cernobyl dal momento che 25 anni dopo c’è stata la catastrofe di Fukushima».
Torniamo a Chernobyl. «Dei 350.000 liquidatori ucraini oggi solo 120.000 sono vivi: abbiamo pagato un prezzo altissimo e ancora lo paghiamo -dice Makarenko all’Ansa-. Il numero delle vittime del disastro di Cernobyl è difficile da quantificare, e le stime variano, anche di molto, da istituzione a istituzione: si va da alcune migliaia a centinaia di migliaia di decessi».
A complicare le cose, nel 1986, fu sicuramente l’atteggiamento del governo sovietico, che nascose l’emergenza. Mentre in Scandinavia si registrava con preoccupazione un aumento della radioattività, Mosca il 28 aprile – quindi più di 2 giorni dopo l’esplosione – negava ancora l’accaduto. Solo quella sera la Tass pubblicò finalmente la notizia dell’incidente. Ma non venne di certo rivelata la reale gravità della sciagura, causata da errori umani e difetti costruttivi in un test durante il quale il reattore 4 fu fatto funzionare in condizioni instabili al di fuori delle procedure previste.
Per contenere le fuoriuscite di materiale radioattivo, tra il luglio e il novembre del 1986 fu rapidamente costruito un “sarcofago” di cemento armato sopra il reattore 4. Adesso questa struttura è piuttosto malandata, e se ne sta costruendo un’altra più moderna, in acciaio, alta come un palazzo di 30 piani: si chiama New Safe Confinement e sarà piazzata sul reattore esploso per limitare le fughe radioattive. Per 100 anni dicono. E noi vogliamo crederci ma…