
Chi si sta muovendo per prendere il posto degli Agnelli in Rcs, titola il Foglio.
(ANSA) – ROMA, 8 APR – Urbano Cairo lancia un’offerta pubblica di scambio sulle azioni Rcs con la proposta di 0,12 azioni Cairo Communication per ciascun titolo Rizzoli apportato, si legge in una nota. L’offerta pubblica di scambio su Rcs MediaGroup punta a “creare un grande gruppo editoriale multimediale, dotato di una leadership stabile e indipendente, e a rafforzare il profilo economico-finanziario di Rcs accelerandone il processo di ristrutturazione e rilancio”, afferma Cairo Communication.
La famiglia Agnelli lo ha chiamato, e lui -passo dopo passo- l’ha messa in un angolo, con funzioni di mera rappresentanza. Sergio Marchionne conosceva bene i guasti prodotti sull’azienda Fiat negli ultimi decenni di gestione “marca Agnelli”, nonostante le “iniezioni” elargite dalle leggi finanziarie del Parlamento negli anni Settanta (che Il Messaggero diretto da Vittorio Emiliani non mancava di segnalare e sottolineare).
Per salvare la parte automobilistica Marchionne ha deciso comunque di dedicare una speciale attenzione all’altro “divertissement” degli Agnelli: l’editoria. Che non produceva utili sostanziali, perché i successi di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport non erano sufficienti a ripianare il “buco” (di vendite e debiti accumulati) di testate non tutte in buona salute (tranne Oggi). Ha venduto Astra, OK Salute, Novella 2000, Visto; ha chiuso A (ex Anna), Bravacasa, Max, e due testate storiche prestigiose come L’Europeo e Il Mondo.
Allora, per chiarire definitivamente che l’epoca degli Agnelli/editori era finita, Sergio Marchionne ha venduto l’intero ramo libri ( compresi i marchi Bompiani, Bur, Sansoni, Fabbri editori, La Nuova Italia e ovviamente Rizzoli editore) al Gruppo Mondadori. A fine 2013 il gruppo RCS Mediagroup spa aveva un indebitamento finanziario netto di 476 milioni di euro.
Senza contare l’aggravamento della crisi con l’acquisto del gruppo spagnolo Recoletos, un altro disastro (caldeggiato da Luca di Montezemolo) che l’allora amministratore delegato Rcs, Vittorio Colao, cercò di ostacolare definendo questa operazione “troppo rischiosa”. Ma RCS dette il benservito a Colao, sostituendolo con Antonello Perricone, ex amministratore delegato de La Stampa, affiancato dal direttore di RCS Quotidiani Giorgio Valerio (dal gennaio 2004 amministratore delegato di Unedisa, controllata spagnola di Rcs).
Operazione fantastica: Recoletos nel 2006 aveva un fatturato di soli 304 milioni di euro, ma fu pagata da Rcs 1,1 miliardi di euro (non lire!). La Consob intervenne per punire la mancata trasparenza dell’affaire Recoletos con una sanzione di 200mila euro. Non passa molto tempo per varare un nuovo piano di ristrutturazione della Rcs, con il nuovo amministratore delegato che sostituisce Perricone, sempre scelto dagli Agnelli: Pietro Scott Jovane.
Ancora un nuovo piano di ristrutturazione, ancora una liquidazione milionaria per Maurizio Romiti (17 milioni di euro, quanto sarebbero costati in un anno 400 dipendenti della RCS Quotidiani, molti dei quali invece vennero mandati in prepensionamento). Cesare Romiti nel 1976 era diventato direttore generale del gruppo Fiat, poi presidente e amministratore delegato fino al 1998, quando esce dalla Fiat con una buonuscita di circa 105 miliardi di lire. E fonda la società Gemina, che controlla RCS, di cui è presidente dal 1998 al 2004, quando abbandona la presidenza di RCS Quotidiani e diventa presidente onorario di RCS Media Group.
A questo punto Marchionne ha detto alla famiglia Agnelli & Company: su libri, editoria, giornale fate quello che volete, ma non con i soldi dell’azienda Fiat, finché ci sono io. Perché FiatAuto deve crescere, deve investire, e deve farlo sul suo prodotto: l’auto. I giovani eredi della famiglia a malincuore hanno capito, anche perché non potevano fare altro. Il messaggio di Marchionne era chiaro: fate quel che volete, ma non con i soldi della Fiat risanata.