
A poche ore dalle esplosioni che hanno sconvolto Bruxelles (mentre scriviamo sono 34 i morti accertati negli attentati all’aeroporto e nella metropolitana, più di 100 i feriti), le autorità hanno deciso di far evacuare due centrali nucleari. Agenti armati hanno circondato e fatto sgomberare (almeno in parte) l’impianto di Tihange, a un’ora dalla capitale belga nella provincia di Liegi, e quello di Doel di Anversa.
Il Belgio sotto attacco deve ora fare i conti anche con il motivato pericolo di attentati alle centrali atomiche. Un incidente nucleare nel cuore dell’Europa è un rischio altissimo per la salute di milioni di persone. Con conseguenze devastanti per l’ambiente e le generazioni future. In qualche modo rappresenta un pericolo anche più grave degli attentati di questa mattina a Bruxelles. Se non altro perché un’eventuale propagazione di vento atomico non risparmierebbe dal contagio nessun paese europeo.
Ecco perché le misure di sicurezza intanto sono state rafforzate attorno ai quattro reattori di Doel e ai tre di Tihange. Fuori dalle recinzioni ci sono poliziotti e soldati armati dell’esercito belga.
Secondo le prime notizie trapelate, le forze di sicurezza resteranno sul posto almeno fino a quando l’allerta non sarà terminata. Perché gli impianti, stando alle dichiarazioni provenienti dal settore energia del Belgio, sono potenzialmente vulnerabili. Dentro resteranno solo le persone necessarie al corretto funzionamento degli impianti.
Ma quando cesserà l’allarme per il pericolo attentati? Una domanda alla quale le autorità europee non possono e non vogliono dare risposta. Soprattutto se si cede alla facile retorica di chi vuole l’Europa in guerra. Così come ha dichiarato il primo ministro francese Manuel Valls nel tentativo di sollecitare nuovamente uno spirito unitario europeo nel combattere lo Stato Islamico. Riferimento nemmeno troppo velato alle discusse operazioni militari in Libia.
Ma al di là delle frasi a effetto e dei freddi calcoli politici, una cosa è vera. E cioè che questo terrorismo ci ricorda quanto le nostre centrali nucleari siano vulnerabili non solo al rischio di incidenti per cause naturali o strutturali (Fukushima è forse l’esempio più recente). Ma soprattutto dal pericolo dell’imponderabile variabile umana.