
Nei giorni scorsi, un commando di terroristi dell’Isis ha assaltato Ben Gardane, cittadina di frontiera con la Tunisia. Scontro durissimo, strada per strada, con le forze di sicurezza e bilancio di una cinquantina di morti. Ma la notizia non ha meritato l’attenzione dovuta, nonostante confermi la drammatica escalation della penetrazione dell’Isis in Libia e nei paesi ai confini della Libia e la possibile definitiva destabilizzazione della Tunisia, l’unico Paese uscito dalla primavera araba con una prospettiva di sviluppo e democrazia, nonostante la fragilità del sistema. Proprio dalla Tunisia, arrivano fra l’altro la gran parte dei miliziani del Califfato.
Dunque, l’unico Paese che andrebbe aiutato e sostenuto con tutte le forze possibili resta in balia di forze esterne e destabilizzazione interna. Dunque, l’unica frontiera che andrebbe chiusa e difesa con unghie e denti, con assistenza di polizia e militare, resta permeabile alle scorribande del terrore.
Intanto chiudiamo la rotta balcanica, diamo soldi alla Turchia per tenersi i migranti e non sappiamo che cosa fare un Libia.
In verità, per la Tunisia qualche cosa facciamo: ci lamentiamo subito del fatto che ora è possibile importare in modo piú semplice e meno oneroso l’olio d’oliva, quello per cui i romani rasero al suolo Cartagine’. Un modo per dare almeno un segnale di sostegno economico, anche se poi tutti sanno che l’olio tunisino arriva comunque, essendo la produzione nazionale ed europea inferiore al fabbisogno. Ma si volevano i dazi, quelli che nessuno riesce a mettere sulla ferocia dei terrorismi e sulla disperazione delle vittime.