
L’anno nero
«Il 2015 è stato un anno nero per i diritti umani nel mondo che sono in pericolo perché considerati con profondo disprezzo da molti Governi del mondo». Lo denuncia Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International, che ha presentato il Rapporto 2015-2016.
«Milioni di persone stanno patendo enormi sofferenze nelle mani degli stati e dei gruppi armati, mentre i governi non si vergognano di descrivere la protezione dei diritti umani come una minaccia alla sicurezza, alla legge, all’ordine e ai valori nazionali», ha ammonito Shetty.
Orrori dal mondo
Sono almeno 122 gli Stati che “hanno praticato maltrattamenti o torture” mentre 30 Paesi hanno “rimandato illegalmente” i rifugiati nei loro paesi d’origine, dove sarebbero stati in pericolo. Almeno 19 tra paesi, governi e gruppi armati che “hanno commesso crimini di guerra o altre violazioni delle leggi di natura”.
Secondo Amnesty, in questo attacco mondiale ai diritti, i governi sono disposti a violare le loro stesse leggi e aggirare le istituzioni minate anche dalla riduzione mirata dei finanziamenti. In molti casi, chi si batte per la difesa dei diritti umani viene “ridotto al silenzio”.
Italia -10
La sezione italiana di Amnesty International dal 2013 porta avanti 10 richieste al sistema giuridico e politico italiano per adeguarsi al pieno rispetto dei diritti umani. Risultati ‘deludenti’. Esempi: il reato di tortura, o la trasparenza delle forze di polizia (l’identità sui caschi), per impedire i numerosi casi di abuso registrati nel Paese.
Poi il femminicidio e la violenza contro le donne, i rifugiati, il loro sfruttamento, la discriminazione la criminalizzazione. Condizioni dignitose e rispettose dei diritti umani nelle carceri. Combattere l’omofobia e la transfobia e garantire tutti i diritti alle persone Lgbt. Per Amnesty l’approvazione delle unioni civili potrebbe essere un primo passo avanti per l’Italia per equipararsi alle leggi degli altri paesi dell’Unione Europea. Infine, fermare la discriminazione, gli sgomberi forzati e la segregazione etnica nei confronti dei rom.
I CONTINENTI DELL’INGIUSTIZIA
Africa subsahariana
Nel 2015 i continui combattimenti nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan, in Burundi, in Sudan del Sud e in Somalia hanno causato migliaia di morti tra i civili.
Altri stati dell’Africa occidentale, centrale e orientale, tra cui Camerun, Ciad, Kenia, Mali, Nigeria, Niger e Somalia, hanno dovuto affrontare un altro problema: le violenze di gruppi armati estremisti come al-Shabaab e Boko Haram che hanno causato la morte di decine di migliaia di civili.
Nel corso del 2015 le autorità di vari paesi tra cui Angola, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica del Congo, Etiopia, Guinea, Sudafrica, Togo e Zimbabwe hanno fatto spesso ricorso all’uso della violenza per interrompere manifestazioni e raduni.
Africa del nord e medio oriente
I conflitti armati in corso in Siria, Iraq, Yemen e Libia hanno continuato a causare un numero incalcolabile di morti e feriti.
Nelle aree sotto il suo controllo, come Raqqa in Siria e Mosul in Iraq, l’Isis ha applicato la legge islamica. Hanno imposto rigidi codici di comportamento e abbigliamento e punito presunte trasgressioni alle loro leggi con esecuzioni pubbliche.
A fine anno, in seguito ai quattro conflitti erano almeno cinque milioni i rifugiati e richiedenti asilo e oltre 13,5 milioni gli sfollati interni, secondo i dati forniti dall’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Americhe
L’America Latina e i Caraibi comprendono otto tra i dieci paesi più violenti al mondo e quasi un omicidio su quattro compiuto nel mondo si è verificato in uno di questi paesi: Brasile, Messico, Venezuela e Colombia. La criminalità violenta è particolarmente diffusa in El Salvador, Guyana, Honduras, Giamaica, Trinidad e Tobago e Venezuela.
Gli Stati Uniti hanno accettato molte delle raccomandazioni delle Nazioni Unite favorevoli alla chiusura del centro di detenzione di Guantánamo Bay a Cuba.
Negli Stati Uniti, almeno 43 persone sono decedute durante l’anno in seguito alla violenza da parte della polizia e l’uso eccessivo della forza da parte degli agenti locali.
Asia e Pacifico
I governi di paesi come Cina, Cambogia, India, Malesia, Thailandia e Vietnam hanno intensificato il giro di vite sulle libertà fondamentali. La pena di morte ha continuato a essere applicata in molti paesi della regione, in particolare in Cina e in Pakistan.
Tortura e altri maltrattamenti segnalati in numerosi paesi della regione, tra cui Corea del Nord, Isole Figi, Filippine, Indonesia, Malesia, Mongolia, Nepal, Thailandia, Timor Est e Vietnam, India e Cina.
In Afghanistan, l’aumento di insicurezza, insurrezioni e attività criminali ha provocato il ferimento o la morte di civili per mano dei talebani e altri gruppi armati e delle forze filogovernative.
Europa e Asia centrale
L’anno si è aperto e chiuso con gli attentati armati in Francia, a Parigi e dintorni ed è stato completamente dominato dalla crisi dei migranti, che ha interessato milioni di persone.
Oltre 3700 rifugiati e migranti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste europee. L’Unione europea si è dimostrata incapace di trovare una risposta coerente, umana e rispettosa dei diritti. L’Ungheria ha aperto la strada al rifiuto di impegnarsi in soluzioni comunitarie condivise.
Ripresi i combattimenti nell’Ucraina orientale tra i separatisti di Luhansk e Doneck e il governo nazionalista di Kiev.
Nel resto d’Europa, probabilmente la regressione più significativa dei diritti umani si è verificata in Turchia.