
Premetto che non mi considero renziano e non sono poche le critiche che condivido o che ho scritto. Premetto che non mi piacciono certe disinvolture, certe nomine, l’autoincensamento del grande rinnovatore, salvo poi passare come i predecessori dal salotto di Vespa per narrare il futuro.
Premesso questo, mi chiedo come mai nessuno si accorga di quanto sta accadendo dietro le quinte, nelle anticamere del potere, nei salotti buoni della finanza e della grande stampa internazionale.
E come mai molti ambienti della sinistra, anche all’interno del PD, magari gli stessi ambienti sempre pronti a denunciare il renzismo, il partito della nazione, l’alleanza con Verdini etc, non vedano il pericolo di una crisi di governo senza alternative.
Mentre il governo arranca faticosamente per portare a casa riforme importanti per l’economia, le istituzioni e la società civile; e mentre tenta di fare valere in Europa le ragioni di un’Italia che ha fatto i compiti, che sopporta il peso enorme dell’immigrazione, che è fra i più importanti contributors del salvataggio della Grecia, ecco che ritornano le bacchettate in stile montiano, la retorica del debito pubblico troppo grande (come se quello americano o giapponese non lo fossero), dell’inaffidabilità (come se lo fosse la Francia che viola sistematicamente i richiami sul debito), della lezione tedesca (come se la Germania non avesse finanziato con decine di miliardi il salvataggio delle proprie banche).
Cui prodest? In un momento in cui la Gran Bretagna minaccia di uscire dall’Unione, la Francia subisce il contagio di Le Pen, la Spagna non riesce a formare un governo, i Paesi dell’Est sembrano presi da sindrome nazionalista, siamo il Paese (assieme alla Germania) con il governo più stabile e il Paese che con grandi sacrifici ha rispettato le regole. Invece di richiamare sacri e vuoti totem ideologici, sarebbe davvero il momento di alzare la testa, lanciare un grande progetto per l’Europa ed esserne al centro, con le carte in regola. Non sullo strapuntino, fra Francia e Germania, come vorrebbero i tanti saggi in circolazione.
Altrimenti l’alternativa è bella e pronta: consegnare il Paese al populismo, alle paure che stanno sconvolgendo l’Europa, all’estremismo xenofobo o all’estremismo post marxista. Cioè l’implosione. C’è poi l’alternativa dell’alternativa, il ritorno al passato, che non vale la pena né di nominare né di ricordare. È ancora molto presente e ci stiamo leccando ancora le ferite.