
La Francia vota la legge che priva della nazionalità coloro che si sono macchiati di reati di terrorismo. Decisione altamente simbolica, molto controversa, che ha diviso sia la sinistra che l’ha proposta, sia la destra che masticando amaro l’ha votata.
La misura, nel clima generale di emergenza e appelli all’unità e alla resistenza nazionale, non aggiunge tecnicamente nulla alla lotta al terrorismo ma risponde all’esigenza politica e morale di considerare non degno di essere cittadino francese chi si macchia del reato di terrorismo.
D’altra parte, essendo i terroristi finora scoperti quasi tutti di nazionalità e passaporto francese, si potrebbe obiettare che con questa misura la Francia si libera dal senso di colpa di avere allevato terroristi in casa.
Ma la controversia è soprattutto di ordine giuridico.
Il terrorista eventualmente privato della nazionalità dovrebbe essere innanzi tutto catturato vivo ed essere riconosciuto colpevole dopo i vari livelli di giudizio.
In secondo luogo, non si capisce la differenza, dal punto di vista delle responsabilità penali, fra un terrorista nato in Francia, uno naturalizzato francese, uno nato in Belgio e uno immigrato da ex colonie o clandestino.
Per quanto particolarmente efferato possa essere il reato di terrorismo, c’è infine da chiedersi perché dovrebbero continuare ad avere la nazionalità cittadini che hanno ucciso, stuprato, torturato propri simili anche senza avere invocato un dio o una causa.