Giulio Regeni oscura tragedia

Una storia tragica che sta via via rivelando sempre nuovi lati oscuri. La sintesi ultima è la fine violenta, dopo torture, di un giovane uomo che studiava il mondo per cercare di renderlo migliore.

La sintesi dei fatti noti

‘Chiari segni di percosse e torture’, dichiara la Procura di Giza. Coltellate e bruciature di sigarette che avrebbero provocato ‘una morte lenta’, sostiene la Procura. Il ministero dell’Interno egiziano prova a correggere: lividi e abrasioni ma non segni di tortura. E il direttore della polizia di Giza, arriva a parlare di incidente d’auto. Goffi tentativi di coprire cosa? Risposta obbligata. Una morte violenta e oscura in un paese precipitato nell’abisso della repressione con più di 600 desaparecidos.

La pista ‘politica’

Poco dopo l’avvio delle indagini più attente sollecitate dalla famiglia di Giulio Regeni e dalle autorità italiane mobilitate, si scopre che il giovane, collaborava con Il Manifesto ma, raccontano proprio dal quotidiano, con uno pseudonimo, perché «temeva per la sua incolumità». Su questo fronte, altre polemiche di casa di cui vi daremo conto. Secondo un sito egiziano, un amico del posto avrebbe riferito che Giulio stava cercando contatti di attivisti di diritto del lavoro per la sua tesi.

Mobilitazione italiana

Contatti diretti delle autorità politiche, premier e ministri, tra Roma e il Cairo. L’ambasciatore egiziano convocato alla Farnesina. L’ambasciatore italiano al Cairo, convocato al ministero degli Esteri egiziano. Sollecitazioni dietro cui si affaccia l’ombra del sospetto: «L’Italia si attende dalle autorità egiziane la massima collaborazione a tutti i livelli, di fronte all’eccezionale gravità di quanto accaduto al connazionale e dei tradizionali rapporti di amicizia e vicinanza tra i due Paesi».

giulio regeni 800

il Manifesto

Più complessa la lettura che viene dalla redazione de il Manifesto che riteniamo doveroso e utile riportare.

«Temeva per la sua incolumità. Questa è la verità che per noi emerge e che vogliamo proporre e testimoniare sulla morte violenta al Cairo di Giulio Regeni, di fronte alle troppe reticenze ufficiose e ufficiali e alle gravi contraddizioni delle prime indagini tra la procura egiziana che conferma torture indicibili e il ministero degli interni del Cairo che le smentisce. E di fronte ad un governo italiano che ora chiede «verità», ma che si ritrova almeno contraddetto dal viaggio d’affari di una delegazione confindustriale guidata dalla ministra Guidi che al Cairo tesseva tranquilli rapporti economici con un regime militare responsabile di un colpo di stato definito dallo scrittore Orhan Pamuk «eguale a quello di Pinochet».

«Affermiamo questo perché all’inizio di gennaio, dopo aver ricevuto un suo articolo -che riproponiamo oggi in edicola con la sua firma convinti di adempiere proprio alle sue volontà- sulla ripresa d’iniziativa dei sindacati egiziani, insisteva con noi e a più riprese sulla necessità di firmarlo solo con uno pseudonimo. Capivamo che era molto preoccupato da questa insistenza ripetuta più volte nelle sue mail, tanto più che già altri suoi articoli erano usciti con pseudonimi ogni volta diversi».

«Non siamo abituati come manifesto alle speculazioni sulla vita altrui o ai retroscena complottardi, tantomeno ad abusare stile «asso nella manica» delle persone.
Siamo solo un giornale di frontiera che ha subìto attentati, sequestri come quello di Giuliana Sgrena, uccisioni come per Vittorio Arrigoni.
Ma in queste ore si rincorrono interpretazioni a dir poco incredibili, ufficiali e di alcuni giornali che, accreditando perfino la versione dei servizi segreti egiziani che naturalmente negano ogni responsabilità su un suo possibile fermo o arresto, rivolgendo l’attenzione allora sul fatto criminale puro e semplice, se non addirittura alla tesi dell’incidente automobilistico».

«Alcune puntualizzazioni dunque sono necessarie: Giulio Regeni (oltre che essere in contatto con questo giornale e con il nostro lavoro d’informazione sul Medio Oriente come tanti collaboratori), è scomparso non in un giorno di «Vacanze sul Nilo» ma il 25 gennaio, quinto anniversario della rivolta contro Mubarak di piazza Tahrir 2011, in un intenso clima di mobilitazione giovanile, sociale e politico non solo di memoria ma inevitabilmente contro l’attuale regime militare del golpista Al Sisi; mobilitazione contro la quale si è scatenata, come negli anni precedenti, la repressione e le retate della polizia, stavolta con centinaia di arresti preventivi».

«Giulio Regeni non era né un violento né un nemico dell’Egitto, al contrario amava quel Paese ed era esperto di lotte sociali, in particolare del sindacato egiziano e, dottorando a Cambridge, di crisi dei modelli economici del Medio Oriente. È deceduto, a quanto sappiamo finora, secondo la procura egiziana dopo violenze inaudite».

«Difficile davvero immaginare la malavita cairota accanirsi senza motivo e senza tornaconto su uno straniero qualsiasi; altrettanto incredibile – ma vedrete che arriveremo anche a questo espediente – far passare questa morte come un crimine dell’Isis che, com’è ormai risaputo, ha ben altre modalità teatrali di esecuzione».
«Sia chiaro. Noi non sappiamo chi siano davvero stati i suoi assassini e perché abbiano commesso questo crimine. Possiamo solo sospettare e testimoniare».

regeni con barba

La famiglia

La famiglia di Giulio Regeni ha diffidato il quotidiano dal pubblicare un articolo scritto alcune settimane fa dal giovane. La famiglia chiede di evitarlo, sia per la sicurezza propria e del coautore del pezzo, sia per rispetto della volontà del giovane. Nella diffida si fa presente, tra l’altro, che l’eventuale pubblicazione, ‘oltre a violare la volontà del signor Regeni e della sua famiglia, potrebbe pregiudicare la sicurezza dei suoi genitori tuttora presenti al Cairo’. Seguono le diffide giuridiche.

Il giornale

‘Prendiamo atto della diffida dei legali della famiglia Regeni, che giudichiamo incredibile, non veritiera e purtroppo superata dai fatti, ma andiamo avanti per la nostra strada’. In questi termini la direzione del Manifesto conferma che oggi sarà pubblicato l’ultimo scritto di Giulio Regeni, che il giornale ha ricevuto qualche settimana prima della scomparsa del ricercatore. ‘Non possiamo tacere – spiegano dalla direzione del quotidiano – anche per rispetto della volontà dello stesso Regeni’.

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