Giornate, di famiglie in piazza. Con tutta la retorica del cosa è giusto e buono e bello, e cosa non lo è… Randagiando fra manifestanti di ‘family day’ passati e presenti, rimane intatto lo stupore davanti a tanta profusione di impegno per limitare i diritti di qualcun altro. Grande spreco di palloncini colorati (azzurri, bianchi? ), appuntai l’ultima volta, mentre tanto ci sarebbe da pensare alle famiglie che ci ritroviamo. A proposito di infelicità che per via di aspettative, apparenza, incomprensioni e quant’altro, proprio dalla famiglia nascono.
Ieri rileggevo di Susy… “Finalmente sposi! Dopo sette anni, quattro mesi, dodici giorni e circa sei ore di fidanzamento, Susy corona il suo sogno d’…amore?
Veramente solo una settimana fa ha detto a Luca: -Vattene via! Non so se ti amo più- .
In realtà lo sa… ma non ha il coraggio di confessarlo neanche a se stessa: non lo ama più come prima. Ma ormai…”
Ma ormai… Susy si sposa e inizia la discesa nel girone dell’inferno che si apre per lei.
La storia di Susy è la prima delle tante narrazioni raccolte in un libro che molto aiuta a scavare dentro di noi, e già dal titolo, è una bella picconata alla retorica dell’happy family: “Inferni familiari. Storie bizzarre di bolge domestiche”.
Di Antonella Lia, che è psicologa, sociologa, psicoterapeuta, e di vicende familiari ne conosce. Ce le racconta indagandone i disturbi emotivi.
In un percorso che si snoda in un susseguirsi di bolge dove come nell’inferno dantesco s’incontrano persone, e i loro tormenti, i dubbi, gli errori, gli orrori a volte, le storie (vere, i nomi ovviamente no) che nascono sullo sfondo di famiglie tanto simili alle nostre…
Susy, ostinatamente fedele all’immagine di sé che ormai ha dato agli altri, abbarbicata anche quando non ci crede più al sogno della felicità con l’uomo pronto a riparare le proprie ferite, ci introduce alla prima bolgia. E i gironi si rincorrono.
Nella seconda bolgia c’è Francesco, adolescente obeso, e la sua trappola è il cibo. Se tutta la storia del nutrimento è territorio di potere della madre… Nella terza bolgia c’è Lucia, drogata d’amore… e così avanti, di girone in girone, fino all’abisso del disamore e le lacrime di Matteo.
Un continuo svelamento di relazioni tossiche di cui siamo spesso inconsapevoli, ma che sono all’origine di tanti problemi emotivi, che in casi estremi diventano le pagine di cronaca di cui ci stupiamo e scandalizziamo.
Sarà perché ho finito di leggere di questi “Inferni familiari” proprio due giorni fa, ma alle immagini del Family day con i suoi slogan di “verità” che si pretendono assolute, mi si sovrappongono quelle della copertina del libro della Lia. Che è un dettaglio del trittico del giardino delle delizie. Hieronymus Bosch, e il suo paradiso popolato di incubi.
Azzeccata introduzione, ai gironi di questo infernetto, dove Antonella Lia ancora (dopo “Abitare la menzogna”) prova a scalfire la nostra ostinazione a non voler intaccare le certezze che abbiamo a proposito di ciò che è Bene e di ciò che è Male. Cosa che quando poi riguarda la famiglia, innalza mura che sembrano, e purtroppo molto spesso sono, inespugnabili.
L’invito è a dare qualche picconata a quel muro, aprivi brecce, riconoscere le cose per quello che sono, e liberarci della retorica della famiglia nella quale pure tanto ci culliamo, tranquillizzandoci. Che pure tante mostruosità troppo spesso nasconde, magari soffocandoci di baci… E prima capiamo meglio è, perché l’infelicità, si spiega, passa di generazione in generazione…
Per evitare che il traguardo sia un luogo definitivamente “lontano dal paradiso”. Permettete il salto, è il titolo del film ( cosa di una quindicina di anni fa) ritrasmesso in tv la settimana scorsa: una famiglia perfetta, nel Connecticut degli anni ’50, si sfalda all’inaspettato svelarsi di dolorose verità e desideri nascosti…
La simpatia di lei per un uomo di colore, l’omosessualità di lui (in una cittadina dell’America rispettabilissima degli anni ’50!) che dopo un percorso lacerante alla fine decide di vivere il suo nuovo amore, quello che finalmente riconosce nel profondo di sé. Una scelta di verità.
Tornando dunque ai temi “infuocati” di questi giorni, a proposito di scelte di verità…
Ad essere onesti viene da pensare che, in fondo, alla classica famiglia perfetta custode e regno della felicità come da immaginetta classica (mamma, papà, bambini, e magari un cagnolino) ormai ci credono in pochi. Una riprova?
Se ne sono accorti da un po’, ad esempio, i pubblicitari che si occupano di merende, biscotti e mulini bianchi… se dal quadretto familiare un po’ stucchevole dipinto negli anni ’90 sì è passati a un non meglio qualificato Banderas (mugnaio, sì, ma single? zio? ) con la gallina Rosita…
E lo sappiamo tutti, chi costruisce pubblicità sta bene attento a dove va la società. Studia, analizza, fotografa.
Non può dirsi bugie, se vuole individuare e accaparrarsi il più vasto pubblico possibile al quale rifilare le sue merendine…