
Per il Financial Times, la Russia avrebbe deciso la ‘exit strategy’ di Assad, ma il despota siriano non avrebbe gradito. E l’emissario mandato da Putin sarebbe deceduto pochi giorni dopo. Malore o segnale? S’interroga il quotidiano britannico citando altre morti sospette: il capo delle spie russe che muore troppo giovane. E l’epidemia di capi ribelli anti Assad, eliminato in serie. Tutto mentre sono in corso i contatti per avviare negoziati per cercare di fermare il massacro siriano.
Attendibile? ‘L’autorevole Financial Times‘ -definito sempre così quando si vuole dare peso ad una notizia- scherza l’amico Guido Olimpio sul Corsera è la fonte per una storia di spionaggio che val la pena di riportare, ma senza garanzie sulla sua attendibilità.
Dunque,
1) Il Cremlino chiede all’amico Bashar Assad di farsi da parte per favorire una soluzione politica in Siria.
2) Assad risponde, ‘col cavolo’.
3) Latore del diktat sarebbe stato Igor Sergun, il numero uno del Gru, il servizio segreto militare russo.
4) Sergun è deceduto il 3 gennaio a Mosca.
Igor Sergun, personaggio chiave nelle trame del pianeta, ‘gestore di pratiche delicate, fondamentale nelle crisi dove servono muscoli. Dall’Ucraina al Vicino Oriente’, precisa Guido Olimpio.
Ma qui il giallo c’è tutto:
La missione –per il FT– è avvenuta in dicembre. Sergun muore a Mosca il 3 gennaio.
‘Scomparsa improvvisa, scomparsa pesante’, (Olimpio).
Gli esperti hanno subito escluso trame: ‘la vittima era in perfetta sintonia con Putin’.
«Excusatio non petita, accusatio manifesta», ‘Scusa non richiesta, accusa manifesta’. Almeno sospetta.
Il Cremlino smentisce e Yuri Barmin, studioso di questioni russe, smonta la trama.
Sostanzialmente, troppo in alto Sergon per fare ancora il ‘commesso viaggiatore’.
A trattare con Assad è Alexander Lavrentiev, che proprio nei giorni del presunto ultimatum a Assad era stato impegnato in viaggio segreto divenuto pubblico in Israele.
Ammettendo l’innocenza del Financial Times, come leggere tutta la storia?
Tre opzioni: é vera, è una balla, è una montatura per lanciare segnali.
Il Financial Times potrebbe aver raccolto un messaggio. E, in base alla ricostruzione dell’FT, Assad avrebbe detto di no convinto di poter sopravvivere appoggiandosi ora all’Iran, ora alla Russia.
Il gaffeur Biden. Intanto il vicepresidente americano Joe Biden, sempre troppo loquace (vedo pezzo in pagina), in Turchia ha dichiarato: «Non escludiamo la soluzione militare per la Siria nel caso non vi sia quella politica».
Il New York Times, in tema, racconta dell’aiuto di Cia, giordani e sauditi ai ribelli.
Il Cremlino s’arrabbia e la Casa Bianca costretta a chiarire.
Dubbio: ma Biden è proprio scemo o gli fanno recitare una parte.
Trame e morti oscure. Addirittura dozzine di ribelli di rilievo liquidati in Siria. Fatti fuori con bombe trappola sotto il sedile dell’auto, o il classico cecchino e imboscate, o inceneriti da raid mirati dell’aviazione o droni killer. Faide tra gli insorti o -sempre Olimpio- ‘lavori sporchi’ del Gru russo, servizi siriani, o iraniani, o tutti e tre assieme.
Operazione «cerca e uccidi» prima di un’eventuale seduta diplomatica. Colpo doppio guerriglia e i paesi che la finanziano.
La moria plurale. Quella degli ufficiali iraniani e Hezbollah in Siria. Tanti e di alto livello. Deceduti in battaglia o fatti fuori? si chiede Guido Olimpio.
Eroi da prima linea o bersagli di azioni ‘coperte’ di qualche servizio segreto? E qui arriva l’arte del comunicare dubbi.
A) Alexander Kutsevich, scienziato, tecnico delle armi chimiche, morto nel 2003 sul volo che dalla Siria lo riportava a Mosca.
B) Primo agosto 2008 un tiratore scelto appostato su uno yacht elimina il generale siriano Mohammed Soleimani nella sua villa di Tartus. Dirigeva il programma degli armamenti strategici. Azione poi attribuita al Mossad.
C) Due anni dopo, agosto, è «annegato», (virgolette da testo originale) sempre in Siria, Yuri Ivanov. Il suo cadavere sarà trovato molto più distante, sulle coste turche, il 16. Possibile che lo abbiano lasciato nuotare da solo? Perché non era un turista russo, ma il numero due del Gru.
Il dramma è che Andreotti, sul pensar male, a volte aveva anche ragione.