Complottisti e dintorni

Sottotitoli: Integrazione e complotti – Giulietto Chiesa e Charlie Hebdo – Bestemmie e cattedrali renane – La memoria si coniuga col presente.

Si comincia da relativamente piccoli, nell’introduzione di un libro sugli alternativi tedeschi, concepito anche nel piazzale che va dalla Stazione centrale di Colonia al Dom.

Complotto o fregatura?

‘Al mio Maestro padre fondatore della sociologia cattolica in Italia, un pluralista di ferro, come testimonia la mia presenza nella sua squadra, “va il ringraziamento di un allievo né integrato né autoemarginato”. Ho parlato con Eco, in quei tempi, per la mia prima e ultima volta, ma l’apocalisse non abita i miei pensieri’.

Semplicemente, da giovane sociologo, ritengo che l’alternativa più banale e realistica all’integrazione sia non l’apocalisse, ma la più mesta marginalità/emarginazione e che se ti va di salvaguardare la tua corsa da “indipendente” lo devi fare solo di quel tanto che poi non ti vengano a dire “se vuoi essere libero che più libero non si può allora tanto vale che ti levi dai piedi”.

Giochi per la sopravvivenza e per un mestiere che tutto sommato ami, se ti vogliono fregare non lo chiami complotto, ma fregatura e basta’.

Chiesa non complottista

Si invecchia e magari si conosce pure Giulietto Chiesa, a lui qualcuno l’etichetta del complottista gliel’ha pure appiccicata. Strano, di lui ricordo un consiglio che va nella direzione opposta.

“Se la verità ufficiale ti sembra fasulla, guai a costruire una tua ‘controverità’. Per quanto sia geniale troveranno sempre il modo e le forze per metterti in ridicolo. Viceversa devi prendere un punto evidentemente fasullo di quella ”verità”. Dimostrarne l’inconsistenza e, su quello e solo su quello, colpire duro”. Ricevuto, anche se qualche volta Giulietto stesso mi pare non si ricordi di quel suo saggio consiglio.

Assimilazionismo

Seguono ricordi parigini, casa vicina a dove hanno ammazzato la poliziotta. Parigi splendida, parigini non tutti. In sociologia lo chiamano assimilazionismo: ti trattiamo come uno dei nostri, ma devi attenerti ai nostri valori che, beninteso, sono universali, lo diciamo noi e la nostra splendida storia da Asterix a Sarkozy. Nei tempi di vacche grasse le cose funzionano, ma aspetta la carestia e vedi come va a finire. Francesi sì, ma di serie A, B, C fino alla Z e oltre, qualcuno potrebbe non starci.

 

Buoni e cattivi balcanici

Arrivano i miei anni balcanici, la retorica umanitaria alla Henry-Levy è il peggio che si possa respirare. L’idea di essere nel giusto fa brutti scherzi: tu cattivo, lui buono, con te pace, con lui guerra. Si comincia in Cecenia, si va avanti in Jugoslavia, Medio oriente, Libia, non trascurando il fronte interno.

Fuochi di guerriglia a intermittenza nelle banlieues, non andrà a finire che qualcuno si incazza sul serio?

Il blasfemo Charlie

Arriva Charlie Hebdo, segue la tragedia un concorso veloce per trovare lo slogan migliore. Vince ”Je suis Charlie”. Auguri. Un giornale che predica il diritto alla blasfemia, io pure ritengo che la maleducazione non sia un reato, ma se dici che vuoi allargare il fronte anti terrorismo agli immigrati e gli chiedi di essere (Je suis) blasfemo, allora vuol proprio dire che nella tua testa qualcosa non funziona. Magari passa il tempo e tra quelli che non sono Charlie ne viene fuori qualcuno che ci riprova.

Peccato, ai tempi dei movimenti anti razzisti in Francia circolava uno slogan molto bello: ”Touche pas mon pot”, non toccare il mio amico, siamo amici, mica siamo la stessa cosa, ma ti difendo, non poteva andare bene anche adesso?

La mia controverità

E’ ora di chiudere, ritorno a Colonia e al Giulietto Chiesa prima maniera. Magari una controverità ce l’avrei, ma se la dico mi fanno fesso in un minuto e allora guardo le dichiarazioni ufficiali. Mi faccio forte dei miei anni tedeschi, della visione di Colonia difendibilissima, illuminata, centrale e con voce fantozzesca grido con tutto il fiato che ho: «La versione della polizia è una bojata pazzesca».

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