La petromonarchia saudita
provoca la guerra nell’islam

La rabbia sciita

Non solo Teheran, capitale del mondo sciita. Dall’Iraq al Libano allo Yemen, L’Iran, potenza rivale di Riad nella regione, ha detto che l’Arabia Saudita pagherà ‘a caro prezzo’ l’esecuzione di Al Nimr.

Prima dell’assalto all’ambasciata un primo attacco al consolato saudita a Mashaad, nel nord dell’ Iran.

Da Beirut il movimento sciita libanese Hezbollah, alleato di Teheran, ha affermato di ritenere ‘gli Usa e i suoi alleati’ responsabili per le esecuzioni, ‘perché coprono i crimini del Regno’.

Decine di sciiti hanno dato vita a una marcia di protesta nelle strade di Qatif, nell’Est dell’Arabia Saudita, dove viveva Al Nimr. La televisione panaraba Al Jazira, che ha diffuso le immagini, non ha fatto cenno ad incidenti.

Altre decine hanno manifestato nel vicino Bahrein dove la maggioranza della popolazione è sciita, ma è retto da una dinastia sunnita.

 

 

Fiamma nell'ambasciata saudita a Teheran

Fiamme nell’ambasciata saudita a Teheran

 

Lo Sheikh Al Nimr

Lo Sheikh Al Nimr, che nel 2009 aveva fatto appello alla secessione delle province orientali, ricche di petrolio e dove vive la maggioranza dei due milioni di sciiti del Regno, era stato condannato lo scorso anno da una Corte speciale a Riad per ‘sedizione’.

Suo fratello, Mohammad al Nimr ha fatto appello alla popolazione sciita perché ogni protesta “sia pacifica”. Mohammad al Nimr è il padre di Ali, il giovane anch’egli condannato a morte per il quale la comunità internazionale si è mobilitata negli ultimi mesi, ma che non compare nella lista dei giustiziati. Ali al Nimr era stato arrestato nel febbraio del 2012, quando aveva 17 anni, ed è stato condannato a morte per rapina a mano armata e per aver attaccato le forze di sicurezza.

Accuse e processo criticati da Amnesty International.

 

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Cosa potrà accadere

Gli analisti temono che l’esecuzione di Al Nimr inasprirà la violenza settaria nella regione e peggiorerà le relazioni già tese tra Arabia Saudita e Iran, che appoggiano due fronti opposti sia nella guerra in Siria sia nello Yemen. In un momento in cui si sta lavorando con successo a un processo di pace su tutti e due i fronti: il 25 gennaio è previsto che comincino i colloqui di pace per la Siria sotto l’egida dell’Onu e sempre a gennaio è in programma un secondo round di negoziati tra le fazioni in guerra nello Yemen.

Amnesty international ha condannato l’esecuzione dell’imam che ha definito frutto di un processo “ingiusto” e ha detto che la decisione di Riyadh è motivata da “questioni politiche”.

 

 

Manifestanti attorno all'ambasciata saudita in Iran

Manifestanti attorno all’ambasciata saudita in Iran

 

I perché di Riyadh.

In molti si aspettavano che la condanna a morte, giudicata illegittima dalle organizzazioni per i diritti umani, sarebbe stata trasformata in un ergastolo. Tuttavia il re Salman, salito al potere dopo la morte del fratellastro, il re Abdullah, nel gennaio del 2015, ha mostrato il pugno duro contro gli sciiti, ossessionato dalla minaccia politica rappresentata dall’Iran, importante potenza politica ed economica della regione.

Molti analisti ritengono che il re, che ha portato Riyadh in guerra contro i ribelli sciiti nello Yemen, non abbia voluto alcuna clemenza per mandare un messaggio ai religiosi ultraortodossi in patria e una minaccia alle potenze straniere avversarie.

In concomitanza con l’esecuzioni di Al Nimr la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita ha annunciato la fine del cessate il fuoco in vigore dal 15 dicembre nello Yemen. I ribelli houthi, sciiti, hanno definito Al Nimr ‘un eroe’.

 

 

12-sunniti sciiti.EPS

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