
Si chiama Salma la prima donna di cui è stata annunciata l’elezione in Arabia Saudita, ultimo Paese al mondo ad aprire il suo sistema elettorale al voto femminile. La storica svolta è di ieri, con le prime elezioni comunali a cui le donne hanno potuto partecipare sia come elettrici sia come candidate. E sono almeno 13 le donne saudite che sono state elette nello storico voto di ieri per le comunali. Nella regione di Riad hanno vinto un posto nel consiglio tre donne, mentre due le elette in quelle di Jeddah, Al Ahsa e Al Quseim. Quattro donne hanno avuto l’incarico nei consigli comunali di La Mecca, Al Jawf, Tabuk e Yazan.
La rivoluzione elettorale lungamente meditata dalla famiglia reale, non è stata comunque indolore: alle candidate è stato vietato farsi fotografare per farsi conoscere dagli elettori ed è stato proibito fare comizi elettorali pubblici di fronte agli uomini. Ma per non scoraggiare questo atto eroico sulla strada della democrazia, alle donne è stato loro offerto il taxi gratuito per recarsi ai seggi. Salma e le altre donne elette provengono dalle località più disparate dell’Arabia Saudita. Dal villaggio di Madrakah, circa 150 chilometri dalla Mecca, il luogo più sacro dell’Islam, è stata eletta Salma bint Hizab al-Oteibi superando sette uomini e due donne.
Per le saudite è stata comunque una giornata storica, anche se decisamente ritardata. Ancora oggi non possono uscire di casa senza un parente maschio che le accompagni, guidare un’automobile, parlare in pubblico con uomini che non siano famigliari e, per quanto riguarda tutte le cose più importanti della loro vita come matrimonio, viaggi e istruzione, sono sottoposte al volere dei maschi della famiglia. Queste elezioni aperte alle donne sono una strategia messa in campo dai sauditi per riavvicinarsi all’Occidente, alleato indispensabile. I seggi elettivi, attenzione, sono due terzi del totale. Un terzo è per i componenti nominati dal governo.
Per fortuna era a Roma per il vertice sulla Libia proprio il capo della diplomazia saudita, Adel Al Jubeir, che ha provato a dare qualche spiegazione. Sulla politica internazionale, prima di tutto, per cercare di raddrizzare una serie di prevenzioni sul suo Paese forse giustificate. Intanto le virtù della casa regnante saudita che non è vero finanzia il terrorismo, che non è reazionaria e medioevale, e il credo wahhabita non è reazionario. Al Jubeir, 53 anni, laurea e master negli Usa, una scintillante carriera da negoziatore, e si vede. ‘L’Arabia Saudita -dice il ministro- non e il paese arcaico di cui si favoleggia. Il voto alle donne è la prova’. Non esagerate però.