Usiamo le rinnovabili
contro il terrorismo

Il terrorismo dell’Isis è l’altra faccia, quella lercia e impronunciabile, dello sfruttamento globale del petrolio che regge le sorti di molte economie. Rinunciare ai combustibili fossili puntando sulle fonti rinnovabili potrebbe essere un modo per combattere il sedicente Stato islamico e i gruppi terroristici che verranno. Petrolio e carbone sono infatti le loro principali fonti di finanziamento.

 

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Adesso se n’è accorto anche l’Aspen Institute, l’influente think thank neoliberista americano. Secondo Giuliano Amato – presidente onorario Aspen – la rinuncia al petrolio “essicca il finanziamento dell’attuale terrorismo”. Il “dottor sottile” quindi si lancia nella difesa della green economy come antidoto al proliferare del terrorismo.

 

Il contrabbando di greggio frutta all’Isis oltre 40 milioni di dollari al mese. Circa 500 milioni l’anno. Il resto arriva dai generosi doni di paesi amici dell’area del Golfo Persico, che aggirano gli scadenti filtri della finanza internazionale. E una parte dal traffico illegale di opere d’arte.

 

Oltre 12 mesi di bombardamenti più o meno mirati hanno portato ad una modesta contrazione della produzione di barili di petrolio giornalieri. Ancora troppo poco secondo gli esperti del tesoro e del dipartimento di Stato Usa.

 

Non c’è ancora stata una vera volontà di colpire le rotte del traffico illegale. “Ci sono troppi interessi perché questo avvenga”, ha ammesso John Kiriakou, ex spia della Cia ed esperto di anti terrorismo. I giacimenti dello Stato islamico si trovano a sud di Irbil, in Iraq.

 

Verso ovest si trova invece il miglior corridoio di contrabbando all’estero. Passando attraverso i territori curdi per arrivare in Europa dalla Turchia. Più o meno le stesse rotte “segrete” usate allora da Saddam Hussein per aggirare le sanzioni imposte dagli Stati Uniti con un embargo colabrodo.

 

Ecco perché solo una vera transizione energetica verso le rinnovabili potrebbe – secondo scienziati, politici illuminati ed economisti – mettere al riparo il pianeta dal proliferare di fenomeni terroristici.

 

Oltre che garantire stabilità economica e politica ai governi. Enunciati da isola di Utopia? Può darsi. Ma intanto anche il Fondo monetario internazionale si è fatto sponsor dell’idea di una carbon tax mondiale per ridurre i rischi di collasso di intere economie.

 

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I rovinosi effetti del cambiamento climatico stanno già producendo un flusso mai visto di migranti forzati verso i Paesi ricchi. Che non sono in grado di far fronte alle endemiche emergenze. Ossimoro permettendo, il riscaldamento globale – secondo gli esperti – produrrà tensioni sociali i cui effetti sono ancora imprevedibili.

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