
Nel 1999 nasce per questo, Sogin, società pubblica. Tempo una decina d’anni per ‘decommissioning’ (scemo chi ha scritto ciò nella ragione sociale), smantellare gli impianti, ripulire e proteggere le scorie nel deposito nazionale (che non c’è), dando -finalmente- la massima sicurezza.
15 anni dopo, la Sogin, che non dovrebbe più esistere, ha fatto forse il 15% del necessario, costa allo Stato, a noi, sui 200 milioni anno da bolletta elettrica, ha circa 700 dipendenti, con un ricco anche se litigioso Consiglio di Amministrazione.
RETROSCENA D’ATTUALITÀ
Il 27 ottobre si è dimesso Riccardo Casale, amministratore delegato di Sogin. Scontro insanabile dichiarato e noto col presidente Giuseppe Zollino. Nella lettera di dimissioni Casale parla ‘anche di opere soggette alla valutazione di impatto ambientale non deliberate, con il rischio di illeciti penali’.
L’accusa è pesante. Si parla di ‘procedure’ sugli appalti e probabilmente si sottintende altro. Casale lascia da Amministratore forse per paura di qualche magistrato curioso, ma resta in Consiglio a rompere le scatole. La politica fa le interrogazioni di rito e poi si distrae.
E il deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi, dovuto per legge, resta nelle pie intenzioni del governo che non svela -opportunismo politico- la ‘Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) dove dovranno essere stoccati 80mila metri cubi di materiali a bassa e media attività nucleare.
SOLIDI VIZI E LABILI VIRTÙ
Buffo è che delle inadempienze Sogin tutti sapevano tutto, politica e Parlamento. Due commissioni d’inchiesta per dirci che: 1) Se manca il deposito nazionale per i rifiuti ritarda tutto. 2) La lentezza dello smantellamento degli impianti ritarda la messa in sicurezza. 3) Tutte le funzioni di controllo all’ISPRA, ma la riducono a soli 25 tecnici rimasti. In Germania sono 500.
Dove ficchi il naso, ti arrabbi. Esempio, il sito di Saluggia, in provincia di Vercelli, dove sono concentrati quasi i tre quarti dei rifiuti radioattivi in Italia, la maggior parte dei quali sono conservati in acidi dentro vasche d’acciaio. Da 30 anni. Speriamo sia acciaio buono. O il deposito CEMERAD di Statte, vicino a Taranto, dal 2000 in custodia giudiziaria al Comune. Follia.
Prima di Sogin ad occuparsene era stata l’Enel che forse sul nucleare aveva interessi diversi da quelli espressi dagli italiani nei referendum. Ora si spende molto per fare poco. Per il deposito nazionale del divenire si parla di 1 miliardi e ½. Ma tanto sono i soldi del futuro del forse.
ANDREOTTIANI SOSPETTI
Attorno al nucleare Sogin già era esploso uno scandalo, con arresti. 11 maggio 2014, appalti Expo, esce fuori una ‘appendice nucleare’ negli interessi dell’ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio, dell’ex funzionario del Pci Primo Greganti, dell’ex senatore Fi-Pdl Luigi Grillo e dell’imprenditore Enrico Maltauro, finiti in carcere, ma per poco. Ci provavano (soltanto?).
E la partita appalti sembra sia da sempre al centro delle tensioni ai vertici Sogin. Riccardo Casale, l’amministratore in fuga, con tigna e alcune lentezze, puntava agli appalti di modello europeo. Giuseppe Zolino sollecitava invece gli altrettanto regolari ‘accreditamenti delle imprese’. Un modo per selezionare in partenza i concorrenti.
Partita politicamente ed economicamente delicata. Un uomo di Letta (Enrico) ora in uscita, e l’altro, ‘montiano’ con presunte simpatie nucleariste. E le aziende in gara, data la materia, Ansaldo Nucleare o Saipem, che possono scegliere di darsi battaglia o preferire un accordo. Se non ci sono concorrenti esteri.
QUELLA NASCOSTA VOGLIA DI NUCLEARE
Di fatto, le dimissioni di Riccardo Casale, che però resta in consiglio a continuare la sua battaglia, bloccano il poco di risanamento nucleare che si stava facendo, mentre si attende la decisione del ministero dell’economia che però non arriva. Strano vero? Come se ci fossero problemi od obiettivi nascosti.
Nomi sul nuovo amministratore Sogin, molti, e al momento tutti apparentemente giubilati. Sempre lo stesso alone di sospetto su cosa realmente bolla in pentola, la posta in gioco. Tra i nomi fatti, addirittura quello dell’attuale amministratore di Ansaldo Nucleare Umberto Minopoli.
Quasi che attorno alla società che da 15 anni deve smantellare e porre in sicurezza il vecchio nucleare, si muovessero invece interessi di nuovo nucleare. Con strategie a prender tempo, in attesa di altre future sensibilità ambientali. Memoria da ‘Mai morti’ di altra e pessima tradizione.
Metteranno mica il lupo a guardia del gregge? La prossima puntata tra qualche giorno.