
La marijuana si può coltivare nel giardino di casa, la si può fumare per divertimento, ma non la si può commercializzare. È il succo della storica sentenza della Corte Suprema del Messico, che ha definito incostituzionale la norma che vieta la coltivazione della cannabis a scopo ricreativo. Ma per ora quella sentenza vale solo per i quattro giovani messicani che hanno fatto ricorso davanti all’Alta corte di giustizia. Quattro giudici contro uno hanno dato ragione al gruppo di pressione in favore della legalizzazione della cannabis.
Perché diventi un precedente giuridico in grado di trasformarsi in legge c’è bisogno di altre quattro sentenze simili. Solo a quel punto la possibilità di coltivare l’ “erba” sarà introdotta nel codice giuridico messicano e non sarà più considerata reato. Intanto un portone sulla strada dell’antiproibizionismo è stato spalancato. Una sveglia significativa per il Paese insanguinato dalla guerra del narcotraffico. Mentre resta contrario il presidente Enrique Pena Nieto, che sulla questione ha timidamente promesso l’apertura di un “dibattito più ampio”.
Minacce, ritorsioni, torture, sequestri e omicidi hanno segnato la storia più recente del Centro America. I narcos hanno ammazzato e spesso fatto letteralmente sparire oltre 100.000 persone in dieci anni. Una sporca guerra e un solo vincitore: i cartelli della droga. Il proibizionismo ha contribuito a ingrassare le tasche dei narcotrafficanti che “hanno rastrellato denaro e commesso terribili crimini”, ha detto alla Reuters il 27enne attivista Meliton Gonzales, che festeggia la sentenza fuori dal tribunale.
Marijuana, cocaina, eroina e crystal meth sono le principali fonti di reddito della criminalità organizzata. I morti per droga e l’aumento delle violenze fanno da macabro contorno. Le politiche sulla droga saranno la questione chiave nella corsa presidenziale del 2018. Ne è convinto Alberto Islas, un consulente per la sicurezza che si aspetta la completa legalizzazione entro i prossimi quattro anni. E intanto la decisione del tribunale potrebbe accelerare gli sforzi degli Stati messicani per cambiare le loro leggi sulla droga, ferme finora al dibattito sull’uso della marijuana terapeutica.