Le strane accuse libiche
contro la flotta italiana

L’allarme concitato dalla Libia l’ultimo giorno d’ottobre: «tre navi da guerra italiane sono arrivate nei pressi delle coste di Bengasi, a Daryana, circa 55 km a est della città, e poi si sono spostate verso Derna». Lo sbarco italiano in barba a Onu e convenzioni internazionali con la Cavour a guidare l’Euroflotta anti scafisti all’assalto proditorio?

 

La replica della Difesa italiana è altrettanto netta: «Notizia è falsa. Tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati».

Crisi internazionale sfiorata e questa volta la ministra Pinotti è innocente.

Il governo libico dice cavolate, sull’attacco italiano, forse per far capire altro. Ad esempio il non gradimento libico di quel «ruolo guida» per l’Italia rivendicato da Matteo Renzi all’Onu?

 

 

Esercitazioni di sbarco ma non in Libia

Esercitazioni di sbarco ma non in Libia

 

Altri in Italia sospettano che le accuse partite da Tobruk possano essere «un nuovo tentativo per far saltare l’intesa sul nuovo governo da parte di chi non la vuole». Riferimento sottinteso alla nuova convocazione del Parlamento libico, che dovrebbe discutere il governo di unità mediato dall’inviato speciale dell’Onu, Bernardino Leon. La ‘linea dura’ probabilmente perdente dell’ex negoziatore Onu sposata dal nostro ministro degli Esteri Gentiloni.

 

L’intesa sul tavolo «non è più negoziabile», è la minaccia. Altrimenti ci arrabbiano?Altra ipotesi, decisamente più credibile, che presto il parlamento di Tobruk si limiterà a “nominare un nuovo team negoziale”, con buona pace del “Non negoziabile”.

 

 

Comunque, lo scambio di accuse e smentite di domenica tra Italia e Libia è solo l’ultimo capitolo di una crisi in cui la stessa Unione europea sembra incapace d’uscire. In realtà non è la prima volta che dalla Libia viene preso di mira il nostro governo. Da più parti. Il governo islamista di Tripoli a settembre aveva denunciato un fantomatico blitz condotto dalle forze speciali italiane per eliminare il boss degli scafisti Salah Maskhout.

 

Tutta fantasia paranoica libica anche questa volta? Secondo il giornale libico Libya Herald, le navi intercettate da Tobruk potrebbero avere effettivamente sconfinato in acque territoriali libiche ma nell’ambito dell’operazione Trident Juncture 2015, l’esercitazione militare della NATO nel Mediterraneo, iniziata il 3 ottobre e il cui epilogo è previsto per il 6 novembre.

 

 

A rendere più tesa la la situazione, la notizia di nuove devastazioni nel cimitero italiano di Tripoli Hammangi, dove sono custoditi i corpi di circa 8.000 italiani. È una notizia che forse non si lega alla polemica sulle navi, ma aiuta a creare tensione. Ma ecco i due fatti, collegati o meno, dicono delle difficoltà italiane ad ottenere quel ruolo guida che molti avevano sperato e rivendicato.

 

La stessa indicazione del generale di Corpo d’Armata Paolo Serra, da parte del ministero della Difesa per il ruolo di consigliere militare dell’ONU in Libia in vista di una possibile missione di peace-enforcing internazionale, appare decisamente prematura e resta appesa alle sorti dell’accordo di pace.

 

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Sul fronte diplomatico delle Nazioni unite resiste lo spagnolo Bernardino Leon, scaduto dall’ incarico ancora di fatto operativo grazie al sostegno del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon. Scelta molto discussa dai molti che considerano Leon una parte del problema, piuttosto che la sua soluzione.

Perché l’ONU permette a Leon di prolungare la sua permanenza alla guida della missione fino a quando non verrà accettata la sua proposta anche se i risultati annunciati a più riprese non sono arrivati?

Che fine ha fatto il tedesco Martin Kobler, scelto per sostituire Leon?

 

E l’Italia? Chi è favore e chi contro un nostro ruolo?

Pasticcio in Libia e dubbi che si dovrebbero moltiplicare anche in Italia.

Con qualche opportuno e utile esercizio del sospetto.

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