
Clima avverso e grado di povertà sono le unità di misura delle migrazioni forzate verso i Paesi ricchi: 150 milioni in sei anni, senza contare i morti. E il numero cresce esponenzialmente di anno in anno, secondo uno studio commissionato da Wwf, CeSPi e Focsiv. Più delle guerre è il cambiamento climatico a generare un esodo senza precedenti nella storia dell’umanità. Decine di milioni di profughi che fuggono da condizioni inospitali per non morire di fame e di sete.
Mediterraneo, Africa, Medio Oriente, America del Sud, Caraibi e Sud Est Asiatico sono le zone più a rischio. Qui i crimini climatici producono drammatiche devastazioni ambientali e pericolose epidemie. Un aumento di 4C° delle temperature provocherebbe un innalzamento ancora maggiore in queste zone. Col risultato che intere regioni sarebbero rese inabitabili, costringendo le popolazioni a cercare rifugio in Europa, in Nord America e in Asia, provocando forti tensioni sociali.
Il documento sul legame tra le migrazioni e i cambiamenti climatici è stato presentato alla vigilia del Cop21, la conferenza mondiale dell’Onu sul clima a Parigi. Le cause: aumento delle temperature dell’aria e della superficie dei mari; innalzamento dei livelli dei mari (le regioni più colpite dal punto di vista economico potranno essere Europa centrale, Sud Est Asiatico e Asia Meridionale); cambiamento delle precipitazioni (frequenza e intensità); azione di Stati e multinazionali per il controllo delle risorse naturali, probabili cause di conflitti e quindi di migrazioni.
Secondo i dati forniti dall’International Displacement Monitoring Agency, oggi c’è il 60% di possibilità in più rispetto al 1975 che le persone abbandonino la propria terra d’origine. Una situazione degenerata a causa dell’aumento delle emissioni di CO2 negli ultimi 25 anni, secondo lo Stop Climate Crimes, un appello contro i crimini climatici lanciato da cento tra medici, attivisti, scienziati, economisti, accademici, giornalisti e personalità della società civile a livello planetario. Tra loro ci sono anche Noam Chomsky, Naomi Klein, Alberto Zoratti, Vivienne Westowood.
Scrivono: “Novanta imprese sono responsabili dei due terzi delle emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale. Ogni risposta concreta al cambiamento climatico minaccia il loro potere e la loro ricchezza, l’ideologia del libero mercato” e i sussidi che li sostengono. Siamo di fronte a un bivio. Il Cop21 di Parigi rappresenta un appuntamento fondamentale per rimettere le cose nella giusta prospettiva. A patto che i governi più potenti della terra non continuino a rimanere sordi agli allarmi lanciati dalla comunità scientifica.